Finalmente il debutto a Pisa cinque anni dopo

Sul palco del teatro Verdi come felice epilogo di un duro lungo scontro

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Ci vollero cinque anni per vedere finalmente la “Giovanna del Popolo” che debuttò al Teatro Verdi di Pisa il 19 settembre 1966. Ma quale era la trama di quest’opera? "La Giovanna di Sartarelli è figlia di coloni francesi – si legge sul giornale L’Unità dell’epoca –, e mentre compie i suoi studi a Parigi sente la necessità di tornare nella sua terra natale, da cui giungono a lei sempre più riconoscibili gli echi della guerra. Giovanna, che è cristiana, crede nella intrinseca bontà degli uomini, ma una volta giunta ad Algeri, la realtà le appare molto diversa da come immaginava che fosse. Dopo questo prima negativo contatto con la realtà, Giovanna inizierà un “lungo viaggio“ nei luoghi più ignorati del Paese attraverso la sofferenza e le torture del popolo algerino, e quasi suo malgrado finirà per trasformarsi in una partigiana e sposare la causa della liberta algerina. Il suo è un semplice "atto di protesta" ma la sua condanna a morte (Giovanna sarà fatta prigioniera e processata e il dramma è proprio la ricostruzione di questo processo che sarà via via contrappuntato da una serie di rievocazioni simboliche) non dovrà assolutamente per la Francia, apparire agli occhi del mondo e della storia come un “atto d’eroismo“: non sarebbe opportuno che la morte di Giovanna diventasse il simbolo vivente di una incontenibile aspirazine umana alla libertà. Quindi, ci sarà un tribunale che cercherà con ogni mezzo di "assolvere" Giovanna e di convincerla della natura velleitaria del sun gesto. Ma Giovanna si rifiuterà di firmare la sconfessione mistificata del suo operato (…) D’altra parte Giovanna pur essendo lei, per vocazione, contro qualsiasi tipo di violenza è costretta dalla contingenza storica ad ammettere che questa violenza è pur necessaria per difendersi". Il dramma nel 1966 fu rappresentato senza sostanziali mutamenti "soltanto correzioni di battute e l’aggiunta di un personaggio". La Giovanna d’Arco moderna innescò un grande dibattito e Pontedera provò sulla sua pelle l’opera della censura.

Michele Quirici