"Babbo è stato campione anche di onestà"

A poco più di un mese dalla morte del mito mondiale Mazzinghi, il ricordo commosso dei figli. "Le prove d’affetto continuano"

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di Stefano Lemmi

A poco più di un mese dalla sua scomparsa, il vuoto lasciato da Sandro Mazzinghi è sempre più assordante. A dare continuità al mito del celeberrimo padre sono i figli, David e Simone, che al profondo dolore interiore alternano l’orgoglio di tenere i contatti con le migliaia di persone che utilizzano qualsiasi canale di comunicazione per esprimere cordoglio e ammirazione per un personaggio entrato nella leggenda della boxe.

Il tempo si è fermato a quel sabato 22 agosto?

"Sì. La mancanza di babbo è forte e immensa, per noi familiari e tutti coloro che gli hanno voluto bene. Stiamo ricevendo tantissimi messaggi di affetto, ad oggi ne abbiamo contati oltre 3mila da tutto il mondo. Tra quelli che più ci hanno fatto piacere, Alessandro Gassmann, la Fiorentina calcio e il presidente della Wba Gilberto Jesus Mendoza".

Ciò dimostra la grandezza di Sandro Mazzinghi.

"È vero. Babbo è stato il più grande campione che l’Italia abbia avuto. E non lo diciamo noi ma la gente. Perché nella sua vita babbo non ha mai dovuto dire grazie a nessuno, non è mai sceso a compromessi e ha sempre tirato dritto fino a raggiungere l’obiettivo che si era prefisso. La sua forza di volontà era pazzesca. E poi era una persona onesta, semplice. La gente l’ha capito, lo ha amato e ora lo ricorda anche per questo. E ciò ci riempie di orgoglio".

Fuori dal ring com’era?

"È stato un campione anche nella vita di tutti i giorni. Dopo l’addio alla boxe, avvenuta nel 1979, si è dedicato alla famiglia a tempo pieno. Noi eravamo ancora piccoli (David aveva 9 anni, Simone 7, ndr) e lui tutti i giorni ci portava a scuola in macchina e ci veniva a riprendere".

La salma del vostro genitore è stata sottoposta al rito della cremazione, vero?

"Era la sua volontà. Perché voleva in qualche modo rimanere nella sua casa (la famiglia Mazzinghi abita a Cascine di Buti, ndr) dove aveva trovato la sua quiete a carriera terminata". Che rapporto aveva con Pontedera?

"Sentiva tantissimo la città dove era nato. La sua Pontedera l’aveva sempre nel cuore. Dobbiamo dire però che negli anni ‘80 l’amministrazione comunale si era un po’ dimenticata di lui, e questo babbo lo soffriva senza però darlo a vedere. Adesso invece con questi ultimi sindaci è stato fatto di più per valorizzare personaggi simili. Perché Sandro Mazzinghi e la Piaggio sono i due simboli di Pontedera nel mondo".

Avete contatti con il sindaco Matteo Franconi?

"Frequentissimi. In quei dieci giorni nei quali babbo non stava bene ci è stato molto vicino. Sia a mamma (la signora Marisa, ndr) che a noi. Non possiamo far altro che ringraziarlo di cuore, così come un ringraziamento particolare lo dobbiamo a Riccardo Minuti, che si è confermato una persona vera come poche ormai se ne trovano in giro".

Insieme all’amministrazione avete già ideato qualche progetto per omaggiare babbo?

"Le iniziative in piedi sono tante. Però per adesso prima di pensare al futuro abbiamo preferito prenderci una pausa, non vogliamo decidere in fretta. Abbiamo ancora bisogno di metabolizzare la sua scomparsa, quindi stiamo solo pensando a portare avanti le proposte già esistenti quando babbo era in vita. Solo quelle sono molto belle e intense per noi e per il nostro pubblico, che gradirà. Più avanti decideremo in accordo con l’amministrazione cosa è meglio per noi e per Pontedera". Tra queste c’è anche uno spettacolo teatrale.

"Sì, poi il Covid e la scomparsa di babbo hanno rallentato uno spettacolo che narra della sua vita. Ma a breve ripartirà e farà tappa anche a Pontedera".

Se doveste racchiudere la vita del vostro leggendario genitore in una frase, quale sarebbe?

"C’è una citazione, di Charles Baudelaire, che calza a pennello. Dice così: “La mia vita? Un tenebroso uragano solcato qua e là da splendidi soli“. Ecco, la vita di babbo è stata esattamente questo".