«Il terreno dell’anfiteatro? Vale molto di più di 35mila euro»

Volterra, la famiglia proprietaria dell’area degli scavi in trattativa con il Comune

Il terreno dell'anfiteatro

Il terreno dell'anfiteatro

Volterra, 3 febbraio 2018 - «Nessuno vuole mettere i bastoni fra le ruote al progetto di scavo di quella che è stata definita la scoperta del secolo. Questo sia chiaro. Ma devono essere tutelati tutti gli interessi in ballo, sia pubblici che privati». A due anni e mezzo esatti dalla sorpresa spuntata da un terreno in quel di Porta Diana (i resti di un anfiteatro dell’era dei Cesari) l’avvocato Giacomo Dini del foro di Pistoia, che difende le ragioni della famiglia Taddei di Volterra nella trattativa che vede al centro l’appezzamento di terreno sotto il quale dorme da secoli l’arena dei gladiatori, mette i puntini sulle «i» e snocciola una serie di questioni ancora irrisolte.

Avvocato Dini, lei rappresenta i proprietari del terreno che custodisce l’anfiteatro, a che punto siamo con la trattativa imbastita con gli enti pubblici?

«Sono tante le faccende in campo. Abbiamo avuto due incontri con il Comune ed i suoi rappresentanti legali, il primo nel luglio 2016 ed il secondo l’ottobre scorso. Il Comune di Volterra ha presentato una valutazione del valore del terreno che si aggira intorno ai 35mila euro. Una stima, per noi, assolutamente insufficiente».

La trattativa per una cessione bonaria o un esproprio dei terreni, può rappresentare un freno allo sviluppo di nuovi scavi?

«No. E lo voglio dire a chiare lettere. Noi non stiamo certo puntando i piedi, lo Stato può tranquillamente espropriare la terra. Il succo della vicenda riguarda la valutazione del prezzo del terreno ed una serie di problemi con il Mibact per il cosiddetto premio di rinvenimento».

Si spieghi meglio…

«Vede, se in un campo di proprietà privata viene rinvenuto un bene archeologico della portata di un anfiteatro, il privato, secondo il codice dei beni archeologici, ha pieno diritto ad un premio. Cito un precedente storico eclatante: il subacqueo che scovò negli abissi i Bronzi di Riace, accettò dallo Stato un premio di rinvenimento di 125 milioni di vecchie lire. Abbiamo fatto scattare la procedura per la determinazione del premio di rinvenimento nel febbraio di due anni fa. Attendo ancora una risposta dal ministero. Dobbiamo capire quanto valgono davvero i reperti che giacciono sotto terra perché se da un lato è stata annunciata urbi et orbi la scoperta del secolo, dall’altra parte, quando abbiamo sollevato la questione del premio di rinvenimento, sembra che i criteri da adottare riguardino solo le poche pietre rinvenute».

Cosa propone per conto dei Taddei?

«Vogliamo che la faccenda venga affrontata intorno ad un tavolo insieme a tutti gli attori in causa, così da trovare un punto di incontro che non penalizzi nessuno ma che soddisfi tutti gli interessi».