‘Io super sindaco per battere il centrodestra’

Intervista a Giani in corsa per la sfida tra i candidati a governatore nel Pd e alleati

Eugenio Giani (Giuseppe Cabras / New Press Photo)

Eugenio Giani (Giuseppe Cabras / New Press Photo)

Firenze, 15 settembre 2019 - L'occasione per coronare una lunga carriera di amministratore (è un sessantenne evergreen) tra la gente e per mettere a disposizione della Toscana un grande bagaglio di esperienza. E ancora presentarsi vicino a Renzi, ma con potenzialità trasversali. Eugenio Giani, presidente del consiglio regionale toscano, è il primo candidato Pd a scendere in campo, a scoprire le carte nella corsa a candidato governatore del centrosinistra: «Io ci sono». Piace Eugenione e potrebbe essere il toccasana per un Pd alla ricerca di unità verso l’appuntamento elettorale della prossima primavera.

Allora Giani è pronto per le primarie del centrosinistra?

«Io spero ancora che sul mio nome ci possa essere una convergenza unitaria. Se poi il partito e la coalizione decideranno di fare le primarie sono convinto che mi appoggeranno non solo i renziani, ma tutte le persone che mi conoscono e riconoscono la bontà del mio lavoro, tra cui molti vicini a Zingaretti».

A proposito di Renzi, siamo passati dalla battuta sulla fascia regionale che lei ha indossato in tutte le visite ufficiali al sostegno forte per la candidatura a governatore.

«Con Renzi c’è stato sempre un rapporto di grande rispetto reciproco e di chiarezza. Siamo stati spesso anche su posizioni diverse, ma la stima non è mai venuta meno. Abbiamo avuto sempre una comunanza di valori. Io sono Giani, la gente mi vede più come politico affidabile che come renziano. Renzi è un punto di riferimento di grande personalità, un politico di razza basti pensare a come ha indirizzato la nascita di questo nuovo governo».

Ma se nascesse un nuovo partito, la versione nazionale di Azione civile della Leopolda?

«Sono convinto che questa idea non balla in testa a Matteo. Non ha fatto questa scelta. E sa perché lo dico? Perché anche questa crisi estiva ha dimostrato la sua centralità nel partito democratico. Ma c’è bisogno davvero di dar vita a un nuovo soggetto politico? Conta già, è ascoltato, indirizza, determina».

Lei non voleva fare il sindaco di Firenze prima che arrivasse Nardella a soffiargli il posto...

 «Certamente fare il sindaco di Firenze può essere il mestiere più bello del mondo. Ma fare il governatore è come se da Firenze si cercasse di abbracciare tutti i toscani, le loro realtà, si capissero le necessità e si desse forza alle potenzialità del territorio. Il mio viaggio tra i grandi e piccoli comuni toscani mi ha insegnato che la nostra regione ha una ricchezza enorme di saperi e di tradizioni, di innovazione e di manifatturiero, di persone e di associazioni. Fare il presidente della Toscana vuol dire condividere tutti questi tesori e dargli ancora più lustro e importanza».

Cinque priorità del suo programma per rilanciare la Toscana?

«Lavoro al primo posto. Non solo manifatturiero, ma anche agricoltura che va sostenuta e alimentata di risorse e nuovi saperi. Infrastrutture fondamentali anche quelle digitali. Cultura e turismo, il nostro ‘petrolio’. Servizi: efficienti a partire dalla sanità, la scuola, ma anche acque, gas e rifiuti. E sostegno all’innovazione per essere competitivi in tutti i campi».

La sfida elettorale della primavera 2020 sarà molto interessante. Il centrodestra sferrerà l’attacco definitivo. Come contrastarlo?

«Pensiamo che 140 sindaci su 187 sono del centrosinistra, usciti vincenti dalle ultime amministrative. Ripartiamo dal loro lavoro: presenti sul territorio, conoscenza dei problemi, programma che mette al primo posto i cittadini. Un ottimo presidente della Regione deve essere un super sindaco tra i sindaci per governare con equilibrio tutto il territorio, arrivando a dare voce anche ai piccoli comuni».