Caso Keu, Deidda: "Credevo che l’inchiesta potesse scagionarmi. Si apre una nuova fase"

La sindaca di Santa Croce rompe il silenzio

Santa Croce sull'Arno (Pisa), 26 novembre 2022 - Dall’aprile 2021, quando il distretto conciario di Santa Croce sull’Arno fu travolto dalla scandalo delle terre avvelenate dal keu (finite, secondo la Procura di Firenze, a tonnellate in mezza Toscana) che fece tremare anche la politica a più livelli, alla sindaca Giulia Deidda sono state chieste più volte le dimissioni. Da destra e da sinistra. Del resto, a lei gli inquirenti contestavano – e contestano ancora – di aver fatto parte, proprio nella veste di primo cittadino, di un’associazione per delinquere che sarebbe stata costituita "al fine di commettere una serie indeterminata di delitti ambientali e contro la pubblica amministrazione" e dove figurano anche tutti gli ex vertici dell’Associazione Conciatori e del Consorzio Aquarno che gestisce il depuratore.

Giulia Deidda
Giulia Deidda

E da Aquarno, lo ricordiamo, usciva il Keu a partire dal 2012 per essere riciclato dall’imprenditore Francesco Lerose (anche lui indagato insieme a moglie e figlio) in sottofondi e riempimenti stradali con modalità di recupero, secondo gli inquirenti, non consentite e dannose per l’ambiente. Deidda è rimasta sempre al suo posto. Mai un tentennamento. Mai un sfogo, neanche nei giorni in cui i cittadini leggevano le sue parole intercettate al telefono e portate a supporto, allora, dell’impianto accusatorio che la indicava nel ruolo di raccordo tra la politica e gli imprenditori. Ora , dopo aver letto le pagine dell’atto di chiusura delle indagini firmate dal sostituto procuratore di Firenze Giulio Monferini, Deidda parla. Poche frasi, stringate. Ma battagliere. "Ho preso visione degli addebiti che mi riguardano", dice il sindaco di Santa Croce sull’Arno, capitale della conceria in Toscana. "Mi aspettavo che la mia posizione risultasse chiarita già dal compimento degli accertamenti. Così non è stato".

Da qui una promessa: "Inizia adesso una nuova fase nella quale avrò modo, prima che si giunga al processo – conclude – di dimostrare la mia totale estraneità ai fatti e la mia piena innocenza". Intanto, rispetto alla contestazione iniziale, qualcosa è cambiato anche per Deidda e per i conciatori: se ci fu un pressing per sostenere la conferma di Ledo Gori come capo di gabinetto in Regione, o per condizionare in qualche modo le scelte dei dirigenti di Arpat, questo non consente alla Procura di individuare e contestare ipotesi di reato. Quest’aspetto viene stralciato dal pm e mandato all’archiviazione.