Donzelli: "Ormai prendiamo i voti anche degli ex renziani"

Intervista al responsabile dell'organizzazione di Fratelli d’Italia

Giovanni Donzelli

Giovanni Donzelli

Firenze, 12 aprile 2021 - "Ormai prendiamo i voti anche degli ex renziani", dice alla Nazione, sorridendo, Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni non cresce solo nei sondaggi - oggi al 17 per cento - ma anche negli iscritti: oggi sono 130 mila, l’anno scorso erano intorno ai 40 mila.

“È una crescita proporzionata a quella del nostro consenso: siamo triplicati nei sondaggi, partendo dal 6 per cento, e triplichiamo anche gli iscritti”. Il merito, dice Donzelli, è del “radicamento territoriale vecchio stile”. Perché “anche quando eravamo un piccolo partito, avevamo una classe dirigente ampia. E anche quando eravamo sotto la soglia di sopravvivenza, comunque avevamo sindaci e assessori. Il che ci consente oggi di essere stabili pur crescendo con il consenso.

Da questo punto di vista, siamo più simili al Pd. Non a caso, siamo gli unici due partiti strutturati sul territorio”. Gli anni del “black out” della destra, come li definisce Donzelli - quelli di Fini e del Pdl - sono dunque passati. “Siamo sopravvissuti perché a prescindere da tutto abbiamo tenuto aperto sezioni, sedi di movimenti giovanili e associazioni collaterali. Quando con Giorgia Meloni abbiamo fatto nascere Fratelli d’Italia questo patrimonio c’era già. Ed è rimasto. Dovevamo solo ridare una casa alla destra. Mancava la casa politica, ma c’erano già le fondamenta”. L’esperienza del Pdl non ha funzionato, spiega Donzelli, per una serie di ragioni.

Ce n’è anche una pre-politica: “Se dovessi fare un’analisi psicopolitica, la colpa è stata anche della diffidenza nei confronti degli ex An. Il Pdl era un partito basato sulla leadership di Berlusconi, leggero. Il fatto che gli ex An avessero radicamento territoriale e potessero contare sulle sezioni e su un collante particolare - erano quindi in grado di vincere congressi pur avendo meno consenso politico - creava dei problemi a Forza Italia: anche perché i voti li portava Berlusconi, ma la struttura ce la mettevano gli altri. Questo è uno dei motivi per cui il Pdl è non nato: la diffidenza. Oggi invece Fratelli d’Italia riesce a raccogliere quello che ha seminato”. Donzelli assicura che la coalizione di centrodestra non risentirà dell’effetto Draghi, con Forza Italia e Lega al governo e Fratelli d’Italia all’opposizione: “A differenza di altri schieramenti, noi non abbiamo bisogno di cercare un programma comune, lo abbiamo da sempre: abbiamo semplicemente un’interpretazione diversa sulla tattica di questi mesi. Non c’è una frattura politico-culturale. Alle amministrative ci sarà una normale dialettica”.

E a Roma Giorgia Meloni sarà candidata? “No, Giorgia deve gestire un partito importante e serve alla nazione. Sarebbe un errore per l’Italia chiudere Giorgia a fare il sindaco di Roma. È come se proponessimo Salvini a sindaco di Milano”.

E in Toscana, dove gli iscritti a Fratelli d’Italia sono 6.200 e l’annata prima erano 2.000? “Anche quando eravamo piccoli, siamo riusciti a far passare i nostri candidati, che hanno strappato Comuni importanti alla sinistra, penso a Pistoia o a Piombino. Ma a noi non interessano le bandierine. Proponiamo qualcuno quando di volta in volta abbiamo candidati che ci sembrano più adatti, altrimenti lasciamo perdere. E comunque fin qui a parte Michele Conti, che poi ha preso la tessera della Lega, e un tempo Susanna Ceccardi a Cascina, tutti gli altri sono civici. Da Vivarelli Colonna a Grosseto a Ghinelli ad Arezzo a De Mossi a Siena”. Crescere tanto per un partito comporta anche dei problemi di tenuta. Anche perché già quando sei al 17 per cento significa che puoi contare su un elettorato trasversale. Un’impressione che Donzelli, da responsabile organizzazione a livello nazionale, conferma: “In Toscana tanti che si sono avvicinati a noi prima erano rimasti affascinati da Renzi. C’è un ceto produttivo, imprenditoriale, di professionisti, che cerca il cambiamento e non sopporta la burocrazia, riformista, al quale piaceva la rottamazione di Renzi pur non essendo di sinistra. Poi queste persone si sono accorte che Renzi non ha fatto niente per loro e guardandosi intorno hanno visto in noi un partito coerente, che produce, che guarda alla middle class. Per questo molti - che sono de-ideologizzati - si avvicinano a noi. È gente che non ha substrato ideologico, ma pensa anzitutto a mettere in sicurezza le proprie attività economiche e la famiglia”.

Quando cresci troppo, però, nei partiti “rischi di prendere persone sbagliate, a noi è capitato in passato. Da responsabile organizzazione posso dire che non è facile. Quando ci accorgiamo però che qualcuno vuole usare Fratelli d’Italia per i suoi scopi personali, lo espelliamo”. Ma le richieste di aderire a Fratelli d’Italia arrivano anche a livello parlamentare? “A ogni livello, ma non mi faccia dire di più”.