Il dibattito Pd e la scelta dei sottosegretari / LA LETTERA

Le parole del vicesegretario del Pd Orlando e la risposta della direttrice Agnese Pini

Andrea Orlando (Imagoeconomica)

Andrea Orlando (Imagoeconomica)

Gentile Direttrice,  tre brevissime considerazioni a proposito dell’editoriale da lei firmato dal titolo: «L’insostenibile leggerezza della Toscana», pubblicato ieri sul giornale, nel quale fa riferimento a una mia intervista a lei rilasciata.

1. Il termine rigurgito, nel senso di riemersione di un fenomeno, in questo caso una linea politica, era riferito a precise prese di posizione, emerse appunto in interviste, cui si fa chiaro riferimento nella domanda e nella risposta in questione. Non ho mai confuso le persone con le loro posizioni politiche anche quando, ed è capitato di recente, sono stato oggetto di attacchi personali. Così intendo continuare a fare.

2. Essendo il mio riferimento preciso e circostanziato, ha ragione Luca Lotti quando nota che non può essere in alcun modo riferito ad area politica o addirittura territoriale nelle quali peraltro, sono presenti posizioni articolate e differenziate in merito alle questioni affrontate, nell’intervista (vedi legge elettorale). Credo nel pluralismo, penso di averlo sempre dimostrato, e ho lavorato affinché in questi mesi si affermasse pienamente e penso che anche il dibattito più aspro non debba in alcun modo pregiudicarlo.

3. Escluderei che il dibattito in corso abbia inciso nella scelta dei sottosegretari. Basta vedere che tra coloro che sono andati al governo ci sono esponenti politici con percorsi e orientamenti, anche riguardo al dibattito corrente, profondamente diversi.

Andrea Orlando, vicesegretario del Pd   Gentile Vicesegretario, la chiarezza in politica - ma anche nella mia professione - è il requisito fondamentale per far accrescere un dibattito democratico, di cui oggi più che mai i partiti (tutti i partiti) hanno bisogno. La sua schietta e dura intervista, in risposta ad altrettanto schiette e dure affermazioni di alcuni suoi compagni di partito, mostra quanto ora più che mai sia urgente un confronto fra le varie anime del Pd. 

Sono d’accordo con lei quando sottolinea che questo processo non è stato e non può essere in alcun modo assimilato a spartizioni di potere, e sono convinta che la debolezza politica della Toscana, di cui parlavo nel mio editoriale di ieri, abbia radici molto più complesse e profonde rispetto alle divisioni oggi evidenti. In quel caso il problema sarebbe in realtà molto più facilmente risolvibile.   A.P.