Toscana, crisi del Pd. "Rischio altri disastri. Ora una costituente progressista aperta"

Intervista a Vannino Chiti: "Prima del congresso serve un nuovo statuto. Bisogna cambiare per recuperare il non voto, serve etica e passione. Si è scelto di fare un partito sui social e sui media. E la nostra gente?"

Firenze, 28 settembre 2022 - Calma e gesso, ma serve una svolta. Per rinascere. Vannino Chiti, ex ministro, già presidente toscano, parlamentare ed ex sindaco di Pistoia, è un grande saggio del centrosinistra.

Che consiglio dà al suo Pd?

"Più che un grande saggio mi sento un esponente di sinistra deluso e inquieto. Consigli al Pd? Essere una sinistra plurale, guardare al futuro ricostruendo una coalizione progressista".

Il fortino toscano si è ristretto. Che sensazione ha guardando la cartina della Toscana?

"Delusione, amarezza, voglia di riscatto. Dipende da noi".

Nel Pd toscano non è così immediato nemmeno ammettere la sconfitta... eppure i numeri parlano chiaro.

"Nel fortino toscano non si prende atto delle sconfitte, si resta ai propri incarichi, non si fa come Letta - chiamato da Parigi e lasciato pressoché solo - che annuncia di lasciare al congresso. Si va avanti come niente fosse. Se non si cambia, e non a parole, ci saranno altri disastri politici".

Da dove ripartire?

"Se il congresso sarà il solito votificio sulle persone, come da un decennio, non servirà a niente. Io stesso non parteciperò. Bisogna discutere di identità, valori, progetto di società, alleanze, organizzazione del partito. Occorre prima del congresso cambiare lo statuto. Dobbiamo essere una sinistra plurale. È necessaria una costituente progressista aperta a tutti. Con i neo-liberisti ci si può a volte alleare su un programma di governo. Ma convivere in uno stesso partito non ci fa essere né carne né pesce. Noi poco sinistra, nella destra predominio di componenti estremiste".

Dove va questo Pd? Nardella dice di ripartire da zero. È il tempo di una nuova svolta?

"Ricostruire il Pd come una Sinistra plurale, europeista, che guarda all’Italia e all’Unione Europea rappresentando le classi popolari e il mondo del lavoro. Un partito di credenti e ’diversamente credenti’; che opera per la libertà, la dignità di ogni persona, la giustizia sociale ed ecologica, il disarmo e la pace. Se non c’è una costituente progressista il Pd, con le sue sole forze interne e le classi dirigenti selezionate in questi anni di correntismo senza valori, non ce la farà. Basta con l’autosufficienza".

Poi c’è il congresso regionale. Il Pd toscano non traina più come una volta.

"Non siamo un’isola felice. Siamo stati in linea con lo snaturamento operato sul Pd. Chi ha ’snaturato’ non risana. Bisogna cambiare altrimenti l’oceano a sinistra di non partecipazione al voto non si recupera. E ci vuole un po’ di passione e di etica. Chi è eletto in una istituzione vi termina il suo mandato, non abbandona per collocarsi in un’altra per convenienza personale. Non si può dire una cosa, assumersi impegni e fare il contrario. La non coerenza si paga".

Fratelli d’Italia si vuol prendere prima Palazzo Vecchio e poi la Regione. È possibile?

"Non esistono zone franche. Dipende da noi il futuro. Fratelli d’Italia e la destra tutta non vinceranno a Firenze e in Regione se governeremo bene, con una coerenza progressista, tenendo un rapporto forte con i cittadini; se ci occuperemo delle risposte ai ceti più poveri, al mondo del lavoro, se chiameremo le competenze della cultura, scienza, professioni a collaborare, se daremo valori praticati e obiettivi conseguenti alle giovani generazioni. Guai a separare, come continuiamo a fare, diritti civili ed economico-sociali. Stare tra la gente, parlare con i lavoratori. Essere di sinistra, guardare all’Europa e alle riforme".

È così difficile?

"Non è difficile se si pratica non solo nel mese della campagna elettorale ma sempre, se si ha un partito presente sul territorio non cercato solo per le primarie o il sostegno alle candidature, oltretutto già decise. Si è scelto di fare un partito solo sui social e sui media: poco più. Bisogna essere presenti sui media vecchi e nuovi, è ovvio al tempo stesso sul territorio. Chi ha sancito l’incompatibilità?".

Lei spesso ha puntato il dito contro il correntismo dem.

"Prolifica e regna pressoché indisturbato. Questi sono i frutti. So bene che una forza moderna deve organizzarsi in aree. Ma devono proporre idee, contributi di analisi non regnare piegando alle loro logiche gli organismi dirigenti. Le segreterie non possono essere staff. Il potere politico non può essere di un solo leader né dei caminetti a nomina correntizia. Oggi il Pd è una impotente confederazione di correnti".

Renzi per molti nel Pd è un avversario. Vecchi rancori?

"Renzi non è più nel Pd ma il suo modo di fare politica, concepire il partito, selezionare i quadri dirigenti resta. Mi auguro che Renzi e Calenda riescano a fare il loro polo europeista, liberista, democratico, superando lo scacco dell’esito di queste elezioni. Potrebbero in prospettiva contribuire a rendere meno o per niente rilevanti i partiti guida della destra italiana: antieuropei, contrari alle libertà civili, orientati da concezioni di democrazia illiberale, come il premier ungherese Orban. E un Pd sinistra plurale avrebbe con loro un rapporto di competizione-sfida; a volte, se necessario per il voto e se si converge su un programma di governo, di alleanza. Non invento niente: guardi alla Germania".

Nardella, Bonaccini, Schlein. Si riparte da qui?

"No, si riparte, se si vuole davvero farlo, da una costituente progressista, dal cambiare a fondo le regole congressuali del Pd, da una discussione aperta con chi sente il bisogno di non fare scomparire in Italia una sinistra plurale. C’è voglia di partecipare a progetti di cambiamento della società. Pensi ai giovani che si incontrano ad Assisi con papa Francesco. Guai a non dare voce a questi mondi, a questi bisogni e speranze. Poi verrà la scelta delle persone e dei ruoli. Oggi le faremmo all’interno di questo Pd, che per me, se resta questo, si priva di un futuro da protagonista".