Perché Conte si dimette

La paura di una sconfitta bruciante in Senato sulla relazione del ministro della Giustizia Bonafede è stato lo snodo decisivo

Ore difficili per Giuseppe Conte

Ore difficili per Giuseppe Conte

Roma, 25 gennaio 2021 - Il premier Giuseppe Conte ci ha provato fino alla fine, ma oggi ha deciso di salire al Colle per rassegnare le dimissioni al presidente Mattarella. Perché Conte ha deciso dunque di dimettersi? Una scelta in un certo senso inevitabile e obbligata e in qualche modo attesa negli ultimi giorni dopo l'esito del voto di fiducia al Senato e la ricerca dei cosiddetti 'Costruttori' per puntellare un governo dai numeri risicatissimi a Palazzo Madama.

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Il caso Bonafede

E' lo snodo fondamentale che ha indirizzato verso le dimissioni del premier la crisi aperta con lo strappo di Italia Viva. In calendario per mercoledì (e già si ipotizzatava uno slittamento a giovedì) era prevista la discussione (con voto finale) sulla relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. I renziani voteranno contro e a quel punto in Senato Conte rischiava una sconfitta bruciante che di fatto avrebbe precluso un reincarico. I numeri del resto parlano chiaro: detto che Nencini, Lonardo e Casini hanno già annunciato il loro voto contario a Bonafede, il governo farebbe fatica ad arrivare addirittura a 150 (settimana scorsa in Senato Conte ottennne la fiducia con 156). Una sconfitta dunque dietro l'angolo. A quel punto sarebbe stato ben difficile per Conte ottenere un reincarico. Con la mossa delle dimissioni invece, secondo quanto confermano fonti parlamentari, salterebbe il voto alle camere sullo stato della giustizia e ci sarebbe tempo quindi per andare alla ricerca di un rafforzamento della compagine governativa.

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Conte solo

Di certo nelle ultime ore Conte si è trovato solo. Da più parti nel Pd era partito un pressing per riannodare un dialogo con Italia Viva. Al Nazareno si faceva questo ragionamento: la maggioranza non ha i numeri sufficienti per sopravvivere in Parlamento poggiando solo sui Responsabili, e rischia di andare a sbattere.

E domenica i centristi, con il tessitore Bruno Tabacci, avevano fatto chiaramente capire al premier che non era il caso giocarsi tutto nel duello al Senato sulla giustizia. E si torna sempre lì.

I "Costruttori"

La ricerca affannosa del drappello di "Costruttori" domenica sembrava tra l'altro in alto mare rendendo ancora più diffcile una soluzione che non avrebbe mai retto di fronte alle sfide del Paese (Recovery Plan in primo luogo). A quel punto a Conte non restava altro che dimettersi con la prospettiva di un reincarico per un Conte ter. L'ipotesi più probabile ma si sa - e questo è sempre stato il timore neppure tanto recondito dell'avvocato pugliese - in politica mai dire mai.

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