Volley Sperone, trent'anni dopo... dolcissimo amarcord pistoiese

A Valenzatico, nello storico locale, si sono ritrovati dirigenti, allenatore e pallavoliste, persino il giornalista di allora

Trent'anni dopo, et voilà il Volley Sperone

Trent'anni dopo, et voilà il Volley Sperone

Pistoia, 15 aprile 2019 - Occorrerebbe la colonna sonora del maestro Ennio Morricone. Metti una sera a cena, trent’anni dopo. Stesse persone, stesso locale. La sensazione di essersi visti il giorno prima, e pure i segni del tempo, negli uomini (le donne sono rimaste uguali), ci sono: il bianco tra i capelli, le rughe che dovrebbero essere sinonimo di esperienza, saggezza (dovrebbero, appunto). Il Volley Sperone torna d’improvviso, 30 anni più tardi.

Un paio di dirigenti, i fratelli Maurizio ed Enrico Desideri, l’allenatore, il mitico Athos Querci, l’aiutante di campo, Massimo Amerini, l’arbitro icona di Pistoia e dintorni, Luca “Celestino” Peruzzi, e soprattutto loro, le pallavoliste: da Erika Innocenti, l’ideatrice del gruppo “Volley anni 90” sul social network Facebook, ispiratrice del momento conviviale, ad Alessia Fedi, da Angelica Manicotti ad Alessandra Becarelli, da Elena Tasselli a Barbara Di Santo, da Simona Torselli a Raffaella Marcante, da Giada Tempestini a Silvia Vannini e peccato non completassero la rosa-giocatrici Valentina Brunetti, Barbara Giunti, Micaela Brera ed Elisa Capaccioli, assenti così come lo storico presidente Cesare Caramelli e il suo fido braccio destro, Italo Battaglini.

Magari a casa a tormentarsi come Nanni Moretti mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Scherziamo. Fatto sta che il ristorante il Cavallino Rosso, da Fischio a Valenzatico, era quello d’allora, ristoro del dopo-partita, il ritrovo, il circolo dello Sperone, quello di un tempo, le risate e l’allegria contagiosa le medesime, da italiani in gita. Merito di Querci e dei suddetti dirigenti (mancano alcuni nomi, ci scuseranno) l’aver fatto gruppo, stramerito delle atlete, oggi ex, averlo conservato, intatto.

Non succede, spesso, ma quando accade è la magia dello sport. Da un lato anche il giornalista, bimbo allora oggi più grandicello, il sottoscritto, chiamato nonostante qualche aggettivo ridondante, qualche critica di troppo, frutto d’inesperienza o voglia di strafare. Segno che lo sport insegna in primis il rispetto: se poi c’è anche la stima, si è fatto Bingo. In campo e fuori. Mille di questi attimi, allora: parafrasando Baglioni, mille cene di noi. Di voi.

Gianluca Barni