Verso il voto: Pistoia, l'epoca dell'incertezza. La fatica ora è trovare la via

Il sindaco di FdI: «Niente ideologia, tanta concretezza». Vannino Chiti: «Solo il centrosinistra guarda all’Europa»

Una visita al centro di Pistoia (Luca Castellani/FotoCastellani)

Una visita al centro di Pistoia (Luca Castellani/FotoCastellani)

Pistoia, 20 agosto 2020 - C’è un prima e un dopo anche nella ‘città dei silenzi’, come la definì Gabriele D’annunzio, nell’aspra e appartata Pistoia che non ama mai ostentare. Neppure i cambiamenti epocali, come quello che nel 2017 ha grattato via il ‘rosso’ da una delle roccaforti storiche della Toscana, dove regnava al governo ininterrottamente da 70 anni. Le crepe però, come altrove, c’erano già da tempo. E’ l’epoca dell’elettorato fluido, e Pistoia, la città operaia della grande fabbrica dei treni e la città dei vivai esportati in tutto il mondo, resta sospesa, tra un’amministrazione guidata da un sindaco di Fratelli d’Italia e risultati elettorali che alle politiche 2018 e alle europee 2019 hanno visto rimanere il Pd primo partito. E’ l’epoca dell’incertezza.

 Oggi, a qualche settimana dal voto per le regionali, i candidati del centrosinistra, un po’ smarriti, si interrogano: già la campagna elettorale d’agosto non si era mai vista, per di più il Covid incombe, a quali porte bussare, dove abita e chi è il popolo della sinistra? Bella domanda, perché si è smarrito pure quello. E non sarà semplice convincere le persone ad andare a votare, più che a votare per te. Ma se chiedi a chi mastica di politica se Pistoia è orientata a destra, 9 su 10 risponderanno che non è così. Lo sa bene Alessandro Tomasi, primo cittadino anche grazie alle solite divisioni masochiste degli avversari che, come sempre, partivano da favoriti: mai un accenno ideologico troppo spinto. Il profilo da civico l’ha coltivato con determinazione, aiutato, dopo dieci anni da consigliere comunale di opposizione di An-FdI, da un’immagine da bravo ragazzo della porta accanto. «A me piace stare tra la gente, vengo dal popolo, non è certo un disvalore. Anzi un dovere per un sindaco».

In città c’è chi lo chiama «Gianni Morandi», per quel fare aperto e disponibile con tutti. L’accostamento a lui non dispiace per niente. E dalla sua ha anche le origini: è cresciuto con genitori di sinistra e, con una laurea in tasca, dava una mano nel forno di famiglia. Ha colpito duro quando in un confronto con il sindaco Pd uscente, poi sconfitto, ha chiuso il botta e risposta con un «io faccio il pane e mi alzo alle 4», come a dire io sì che sono uno di voi. «Ma se si analizzano i voti delle ultime comunali - avverte Vannino Chiti, l’uomo forte in città dal Pci in poi, l’unico pistoiese che può vantare un curriculum che parte da sindaco e approda a ministro, passando per dieci anni da presidente della Toscana - risulta evidente che il risultato, senza divisioni, dava ben più della maggioranza assoluta al centrosinistra». Al ballottaggio le divisioni non si ricomposero e vinse Tomasi di Fratelli d’Italia. Già, perché Pistoia ci sguazza nelle divisioni. Su tutto. Non a caso nel Medioevo i Guelfi bianchi e neri li inventarono qui per poi esportarli a Firenze.

Altra storia per il centrodestra, che annusa il momento favorevole e tenta una nuova scalzata. «Siamo pronti alla sfida per la Regione – dice convinto il sindaco Tomasi –; i cittadini hanno capito che l’alternanza fa bene, in varie città toscane ora governa il centrodestra, si sta facendo le ossa una classe politica che prima non aveva mai amministrato e votano per noi tanti ex di sinistra perché facciamo proposte concrete che incidono sulla vita quotidiana: scuole, viabilità, parchi ricuperati, impianti sportivi utilizzabili. Piace questa dimensione dell’agire sulla comunità. Soltanto l’1 per cento dei più ideologizzati della sinistra mostra una chiusura nei nostri confronti». E assicura che in lizza alle regionali hanno schierato il meglio, tra cui due assessori della sua giunta, perché la possibilità di avere un consigliere oggi è reale.

La città ha davvero cambiato pelle? Negli anni ha perso, certo, numerosi bacini di voti sicuri per la sinistra, che riproducevano consenso - e posti di lavoro - in automatico. La grande fabbrica dei treni, la Breda, di proprietà pubblica, ora è dei giapponesi di Hitachi. Le banche di rilievo non hanno più stanze dei bottoni a Pistoia. Le associazioni di categoria, un tempo potentissime, sono accorpate con le città vicine, ben più pesanti a livello produttivo, come Prato e Lucca. Non per caso Chiti usa la prudenza: «Partiamo da favoriti? Sì. Ma non bisogna dare niente per scontato. A Pistoia alle comunali lo si è fatto e abbiamo visto com’è andata. Deve essere chiaro che destra e sinistra non sono uguali. Questa destra non vuole l’Europa, il centrosinistra sì. E senza Europa la Toscana e anche Pistoia non vanno da nessuna parte».