Dall'orchestra 'impossibile" ai Berliner. "La musica, il Venezuela, la mia vita"

Il primo contrabbasso dei Berliner Philharmoniker docente a Master4Strings, la masterclass per archi, pianoforte e chitarra che si è tenuta a Pistoia

Edicson Ruiz

Edicson Ruiz

Pistoia, 18 settembre 2018 - Il sorriso è cordiale e aperto, la voce è dolce, gentile e incoraggiante. Edicson Ruiz, primo contrabbasso dei Berliner Philharmoniker, è uno dei tanti docenti di spicco di Master4Strings, la masterclass per archi, pianoforte e chitarra ideata e organizzata dal Quartetto di Cremona che per il secondo anno consecutivo si è tenuta a Pistoia e che ha visto sfilare per i luoghi della musica, le strade, le biblioteche della città alcuni tra i personaggi più autorevoli del panorama internazionale: dal violinista Sergei Bresler al violoncellista finlandese Martti Rousi, fino al leggendario pianista Alfred Brendel.

Edicson, insieme al direttore d’orchestra Gustavo Dudamel, è uno degli emblemi di El Sistema, ovvero FESNOJIV, acronimo della Foundation for the National Network of Youth and Children Orchestras of Venezuel, voluto e fondato nel 1975 da José Antonio Abreu e sostenuto da Claudio Abbado nell’intento di allontanare i ragazzi dalle strade dei barrios, disoglierli da armi e droga per porre nelle loro mani uno strumento musicale ed offrire loro il dono della musica, nuova motivazione di vita e di riscatto sociale. Edicson, trentatré anni, suona nei Berliner dal 2002 quando, diciassettenne, ha per primo infranto la regola che vieta l’accesso ai nuovi musicisti prima dei trent’anni. Tiene le sue lezioni in una luminosa aula della Scuola di Musica “Teodulo Mabellini” di Pistoia. Da una parte il suo allievo, che è a sua volta insegnante di contrabbasso nell’istituzione pistoiese, dall’altra uno specchio, perché chi suona deve controllare ogni movimento e verificare la correttezza della postura.

Il maestro Abreu ci ha lasciato nel marzo di quest’anno. Nella drammatica situazione politica venezuelana quanto potrà ancora resistere El Sistema?

"Il sistema resisterà, anche se è sempre più difficile per un paese depresso economicamente concentrarsi su un’attività meravigliosa come l’arte della musica. Sopravvivere è di per sé una battaglia. Alcuni giorni fa ho parlato con Claudio Hernández, primo contrabbasso dell’Orquestra Simon Bolivar, in Germania per fare un’esperienza con l’Orchestra della Bassa Baviera. Mi raccontava che a Caracas se una persona lavora non mangia e viceversa. Per ricevere un chilo di riso bisogna fare quattro ore di fila. Dunque per lui si trattava di alimentarsi oppure suonare.

Ha ancora contatti col suo paese d’origine? Cosa pensa della drammatica situazione politica ed economica venezuelana?

"L’attuale dittatura militare riflette un modello fallito di socialismo che genera una povertà estrema tra la gente. Ma mentre Cuba è ancora un paese sicuro, in Venezuela la vita di ognuno è costantemente a rischio. La delinquenza è la normalità. Recentemente si è diffusa una nuova professione: il sequestro di persona".

I suoi familiari vivono ancora là?

"Mia madre è tutta la mia famiglia. Adesso ha 73 anni vive con me a Berlino da due anni. E’ lei che mi ha salvato per immettermi nel mondo della musica. Non ha mai smesso di lottare con tutte le sue forze per un futuro migliore e non finirò mai di ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me. Quando era incinta ascoltava la musica. Dal momento in cui sono nato, si è adoperata senza sosta per tenermi occupato e per distogliermi dal male e dalla delinquenza".

C’è una speranza per il futuro del Venezuela?

"No, almeno per i prossimi 25 anni. Il governo militare è intimamente connesso con i cartelli della droga di tutto il mondo. Il petrolio, a livello economico, rappresenta una questione minima. I soldi si fanno con la droga, non con il petrolio. L’industria della criminalità è appoggiata e sostentata dal governo criminale, e ci sono migliaia di criminali che hanno più armamenti dello Stato. L’enorme debito pubblico nei confronti di Russia e Cina che appoggiano il regime di Maduro, fa sì che gli Stati Uniti siano assolutamente incapaci di intervenire".

Che ricordo ha di Claudio Abbado?

"Non lo dimenticherò mai. Un uomo dall’altissima sensibilità nei confronti della musica e della vita. Era una persona d’altri tempi, non certo una del ventesimo secolo. Si arrabbiava spesso. All’ultimo momento tirava sempre fuori nuove idee ma nel momento in cui iniziava il concerto non c’era più alcun bisogno della parola: si creava un’atmosfera magica, irreale, e tutto filava liscio".

E il maestro Abreu?

"Era un essere umano con tanti difetti, ma credeva nell’impossibile e realizzava miracoli. A quindici anni mi trovavo negli Stati Uniti per un concorso che avrebbe dovuto tenersi all’inizio di ottobre. Ma il 30 settembre il mio permesso di soggiorno è scaduto e non mi restava che rimpatriare. Ha mosso mari e monti, una telefonata dietro l’altra. Insomma, in una giornata ho avuto il rinnovo del permesso, ho partecipato e ho vinto. “Rendere l’impossibile possibile” era uno dei suoi motti. Non si riposava mai, dormiva due ore al giorno. Non l’ho mai visto fermo su una sedia. “Per il riposo, il riposo eterno” diceva. Così per 79 anni. Gustavo (Dudamel) ha pure un debito infinito con Abreu, che gli ha permesso di dirigere un’orchestra a 12 anni. Nessun altro al mondo può contare su una simile opportunità. Un’altra frase che amava ripetere era “Graffiare il presente per costruire il futuro”: la più grande lezione di vita.

E' felice?

"La felicità non è una circostanza ma uno stato d’animo. Puoi vivere la più completa miseria materiale ma essere felice. Avere tante cose dà ansia, e dunque non fa bene all’uomo".

E lei cosa ritiene di possedere?

"Ho avuto tanta fortuna, tanta, tanta fortuna: tutto, come per miracolo, è sempre accaduto nel posto giusto al momento giusto".

Cosa insegna ai suoi allievi?

"Principalmente curo l’aspetto tecnico. Io sono soltanto l’intermediario tra il compositore e l’allievo. E’ davvero difficile essere un interprete corretto. Il messaggio racchiuso in uno spartito va al di là di ciò che è scritto. Bisogna riuscire a decifrare i simboli e cercare di vedere al di là di ciò che percepiamo con gli occhi. Era questa la magia di Claudio Abbado.