Violenza esplosa dopo il lockdown

Boom di richieste di sostegno al centro Aiutodonna: "La crisi legata alla pandemia ha peggiorato la situazione"

Migration

di Samantha Ferri

A Pistoia a raccogliere le richieste di aiuto e le denunce delle donne vittime di violenza sono le operatrici del centro Aiutodonna, della SdS pistoiese, gestito in collaborazione con Gruppo incontro cooperativa sociale, per fornire una prima risposta telefonica e attraverso colloqui, assistenza psicologica, sociale e legale. Il centro è contattabile al numero 0573 21175 e per mail all’indirizzo [email protected]. Il servizio e gratuito e, purtroppo, il trend dei casi seguiti è in crescita: nel 2010 sono state 52 le chiamate, nel 2019 105 e nel 2020 (da gennaio a ottobre) sono già 94, molte di queste arrivate non appena il lockdown primaverile si è allentato. In occasione del 25 novembre abbiamo parlato del fenomeno della violenza di genere nel territorio pistoiese e sull’attività del centro con le operatrici (psicologhe e psicoterapeute) di Aiutodonna: Elisabetta Rossi, Isa Guastini, Elisabetta Pini, Tania Sguerri, Letizia Ricci, Marika Buciuni, Giulia Vannucci e la responsabile Donatella Giovannetti.

Il 2020 è stato un anno particolare vista l’emergenza sanitaria tuttora in corso e i lockdown che hanno costretto alla convivenza forzata anche le famiglie in cui si consumano violenze psichiche e fisiche. Cosa c’è stato di diverso?

"Abbiamo osservato una forte diminuzione delle chiamate nel periodo vero e proprio del lockdown, quindi a marzo e aprile e anche durante questo mese, ma un aumento rilevante nei mesi successivi. Per esempio, a fronte delle due richieste di aiuto pervenute a marzo abbiamo riscontrato un picco di richieste di aiuto nel mese di maggio, con ben 12 chiamate ricevute ovvero non appena le misure di contenimento si sono allentate".

Secondo voi perché durante il lockdown le richieste di aiuto sono diminuite, se poi invece subito dopo sono arrivate quasi tutte insieme?

"Potrebbe significare che nei mesi di chiusura le donne hanno avuto difficoltà a chiedere aiuto, per le difficoltà forse ad accedere ai mezzi di contatto senza farsi notare dal compagno, ma lo hanno fatto appena ne hanno avuto di nuovo la possibilità. Inoltre, dal punto di vista psicologico, l’obbligo di stare in casa ha causato un senso di smarrimento comune in ognuno di noi, per cui anche per le vittime dev’essere stato più difficile reagire".

Però il servizio era disponibile anche durante il periodo di lockdown, come vi siete organizzate?

"Non abbiamo mai interrotto le nostre attività, anzi, ci siamo reinventati. Abbiamo ridefinito le modalità di lavoro utilizzando i social, il telefono e i colloqui on-line come alternativa per continuare ad essere raggiungibili e comunque, nonostante tutto, vicino alle donne".

Forse per alcune vittime questo periodo di convivenza forzata può aver rappresentato la ‘goccia che fa traboccare il vaso’, dando poi loro la forza di reagire...

"Sicuramente ogni caso è diverso ed è sempre qualcosa che scatta dentro la vittima e che fa loro dire ‘basta’ a portarle a chiedere aiuto. In questo periodo talvolta eventuali problemi economici hanno fatto scoppiare la violenza e inasprire tensioni in casa. E allora qualcuna è riuscita appunto a dire ‘basta’ e a richiedere il nostro supporto".