"Troppi montanari improvvisati. Dobbiamo proteggere i boschi"

Il nuovo libro di Pagliai attacca chi non rispetta l'ambiente

Federico Pagliai

Federico Pagliai

Montagna pistoiese, 10 maggio 2018 – Un “montanaro indigesto”. Ha scelto di essere tale lo scrittore Federico Pagliai nel suo nuovo libro, edito da Pendragon, che sarà presentato il 19 maggio alla Superedicola di Campo Tizzoro. Un libro provocatorio e propositivo, che partendo dall’assalto ai boschi nel periodo dei funghi, denuncia un tipo di sfruttamento della montagna pistoiese che condiziona e compromette la vita di chi ci abita. “Montanari indigesti, effetti collaterali dell’andar per funghi” è il titolo dell’opera, i cui proventi dai diritti, per scelta dell’autore, saranno in parte destinati al Cai di Maresca - Montagna pistoiese e al Soccorso alpino dell'Appennino toscano. 

Pagliai, chi sono i “Montanari indigesti”? “Sono i montanari stessi, il capitano umano, che non vogliono essere schiacciati né dall’idea di montagna come luogo di scorrazzamento e parco giochi, né come il luogo intoccabile e finto della mega oasi naturalistica proposta qualche anno fa.

Come nasce il libro? “Nasce da molti anni di frequentazione dei boschi e dall’osservare come la gente si comporta in montagna. Dal 1985 tengo una sorta di ‘memoteca fungina’, ma c’è anche il questionario che promossi con due amici e che, nonostante il mal di pancia sulla gestione dei boschi emerso tramite ben 7665 risposte, è rimasto lettera morta: la politica non ha colto questo segnale”.

Cosa rivela la sua ‘memoteca’? “Che fra il 2002 e il 2006 è esploso il ‘funghismo’, follia collettiva, divenuta ancor più virale con i social network, dell’andare per funghi quasi come agonismo, con danni sicuri al bosco e ritorni economici ridicoli per la montagna. Il fungaio vero trova i funghi anche prima di andare nel bosco, perché sa già dove cercarli. Chi invece non sa e si improvvisa, come i più, razzola e fa danno. Intanto, fra cambiamenti climatici e assedio indiscriminato, i funghi rischiano di estinguersi come accaduto ai ‘broccioli’ nei nostri torrenti.

Un libro che farà discutere… “Non resterà simpatico a molti. Mi chiedo, fra l’altro, cosa hanno fatto i politici per arginare l’abbandono di questa montagna, vista spesso solo come impianti da sci, mentre non vedo la volontà di difendere un bene come il bosco, prevendendo anche una fruizione differenziata fra residenti e non”.

Cosa propone di fare? “Di darsi da fare per rendere la montagna più simile ai bisogni della gente del posto, anziché a quelli di un turismo di rapina o di un turismo immacolato come quello sociale. Investire tutto sulla montagna come flusso, per il turismo mordi e fuggi, vuol dire rischiare di snaturarla. Bisogna investire invece sui montanari per cosa sanno fare e non per quanti voti possono portare. Il mio è un urlo disperato verso una nuova cultura, da recuperare dai fungai storici: un esempio di saggezza che è anche rispetto e prudenza”.