Traffico di rifiuti: lo stoccaggio a Quarrata

Gli scarti tessili partivano da Prato per il Veneto. Uno dei sequestri in un’azienda che produceva divani: imprenditore nei guai

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Per i viaggi più brevi bastava trovare un capannone, meglio se in disuso e in una zona isolata, dove scaricare centinaia di sacchi colmi di rifiuti tessili non trattati. In breve quelle rimesse diventavano vere bombe ad orologeria, per l’alto rischio di infiammabilità, e venivano poi abbandonate. Quando il traffico è diventato più importante, allora i viaggi si sono allungati dalla Toscana al nord italia, e i carichi di rifiuti sono stati fatti viaggiare con il sistema del giro-bolla, documentazione falsa che li trasformava in merce, per aggirare i controlli previsti per i rifiuti industriali. Il guadagno ovviamente consisteva nel totale abbattimento dei costi di smaltimento, in quanto i rifiuti venivano stipati e poi abbandonati.

C’è anche una azienda quarratina, che un tempo produceva divani, nella maxi inchiesta, partita nel 2019, sul traffico dei rifiuti tessili, scoperto dal Noe di Firenze, che dal macrolotto pratese si estendeva al Veneto, ma anche in Campania. La Dda di Firenze nei giorni scorsi ha chiuso le indagini preliminari, condotte dai carabinieri del Noe, a carico di 19 persone e 6 aziende, accusate a vario titolo di reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata al compimento di un traffico organizzato di rifiuti, alla truffa e alla gestione illecita di rifiuti. Mille le tonnellate di rifiuti smaltite illecitamente, per un giro di affari di 250mila euro.

Proprio a Quarrata si trovava uno dei siti di stoccaggio dei rifiuti tessili non trattati, che avrebbero trovato posto in una ditta che un tempo produceva divani, che aveva cessato la propria attività. Lì, nel piazzale antistante e nel capannone, i militari avrebbero trovato alcune casse contenenti gli scarti (tessili e di pelli) delle ditte pratesi. Non solo. L’imprenditore pistoiese sarebbe stato uno dei collaboratori importanti negli affari della ditta pratese che operava nella gestione dei rifiuti, pur senza avere nessuna autorizzazione. L’azienda era stata già al centro di una precedente indagine ed era poi passata, almeno sulla carta, ad una nuova proprietà, intestataria una ragazza residente in Lombardia.

Il primo controllo era scattato nel 2019, nel capannone di via delle Case Nuove a Prato, dove i militari avevano trovato i sacchi neri con i rifiuti non trattati. Sembra che dopo quel blitz, il piano fosse quello di incendiare il sito. Poi, si era fatta strada l’idea di trasferire i carichi all’estero, verso la Polonia e la Bulgaria, ma i costi e la pericolosità di quei viaggi avevano dirottato verso altre mete: a Verona, Padova, Vicenza e Rovigo. I viaggi avvenivano con ditte di trasporto compiacenti e con un sistema di staffette, fino al sito ultimo, dove il carico illecito veniva abbandonato.

M.V.