Smart working, buono ma non per tutti

L’analisi della psicologa del lavoro: "Contro lo stress da isolamento è fondamentale darsi delle regole di vita e osservare dei ‘rituali’"

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Lo smart working sta influendo sul nostro stile di vita, cambiando le abitudini, rendendo più fluidi i confini e i ritmi dell’attività quotidiana. Con le misure di contenimento del Covid molte aziende e uffici, pubblici e privati, sono ricorsi al telelavoro. Ma non sempre lavorare da casa è sinonimo di maggior rendimento da parte del dipendente. Anzi. Spesso può significare maggior stress e acutizzazione della sensazione di isolamento. Ne abbiamo parlato con Sabrina Ulivi, esperta in psicologia del lavoro. Dottoressa, ai pistoiesi piace lo smart working?

"Non a tutti. Dipende da diversi fattori, come dalla distanza da casa al posto di lavoro, dal tipo di ruolo in azienda, dai rapporti con i colleghi. Di certo lo apprezza chi deve curarsi della casa e della famiglia e quindi ha più tempo a disposizione.

E quali sono i contro del telelavoro?

"In un momento in cui la nostra libertà e la socialità con l’altro devono per forza ridursi non è facile per alcuni dover rinunciare al confronto con i colleghi. In alcuni casi lavorare da casa significa rinunciare a una parte importante della socialità, al bisogno di stare con l’altro, alla necessità di avere uno scambio culturale. Il telelavoro tende ad isolare. Ciò all’inizio può indurre a un incremento lavorativo ma alla lunga finisce per trasformarsi nell’opposto, perché il lavoratore rischia di caricarsi di troppo stress".

Anche per chi ha famiglia non deve essere facile ritagliarsi uno spazio in cui non farsi distrarre durante l’orario di lavoro. Come è possibile organizzarsi?

"Fondamentale darsi delle regole. La difficoltà più grande di molti lavoratori smart è trovare uno spazio da adibire a ufficio in cui poter chiudere la porta e isolarsi dal resto della casa. Questo molte volte non è possibile, perciò è necessario che all’interno del nucleo familiare ci siano regole condivise. Ad esempio, far capire ai figli che anche se il genitore è in casa in quel momento sta lavorando, e non deve essere disturbato".

Lavorare da casa, o non lavorare mentre non ci si può nemmeno spostare se non per necessità, diventa difficile per tutti. Ha qualche consiglio per non lasciarsi andare?

"Più che mai servono dei ‘rituali’. Occorre darsi dei tempi, imporsi dei ritmi per scandire i tempi, seppur lenti, della vita di adesso. Posso impormi di alzarmi la mattina e non restare in tuta per il resto della giornata. Cercare di uscire, nel rispetto delle regole, sfruttando le libertà residue che consentono di spostarsi. In questo periodo tutti siamo soggetti a livelli più elevati di ansia, ma non deve prendere il sopravvento fino a trasformarsi in completo immobilizzo. Possiamo reagire con una buona capacità di autoregolazione della nostra vita".

S.F.