Tutto è immobile agli occhi della città, eppure tutto è in movimento. È quel che in sintesi sta accadendo attorno all’affare Marini, la vicenda che si trascina attorno alla Fondazione omonima – divisa tra la costola fiorentina e quella pistoiese – nata anni or sono per volontà della vedova di Marino, Mercedes Pedrazzini, allo scopo di valorizzare la preziosa produzione artistica del marito. Al centro della contesa l’immenso patrimonio custodito a Palazzo del Tau in corso Fedi, sede del Museo Marino Marini ormai chiuso dal 2020, che il cuore fiorentino dell’ente vorrebbe portare nel capoluogo, bypassando quelle che furono le volontà della stessa vedova, ribadite per altro dal Tar della Toscana che con apposita sentenza ha confermato l’esistenza del vincolo di pertinenza tra le opere dell’artista e la collocazione pistoiese. Ciò che muove l’immobilismo attuale è proprio la lunga sequenza di impugnazioni, richieste d’annullamento e ricorsi che in questo lungo periodo si sono succedute, in un clima di attesa perenne e di battaglia ormai palese tra le parti che ancora sembra non trovare soluzioni. Ma per incontrare l’ultimo atto eclatante della vicenda basta riavvolgere il nastro al dicembre 2021, quando, assente la rappresentanza pistoiese (composta dal sindaco Tomasi, dal soprintendente Pessina e dal notaio Marrese per Banca Intesa, convocati in tempi ritenuti non congrui per partecipare a quella seduta), fu approvato il nuovo statuto della Fondazione Marini. Le novità? Da una parte la trasformazione in ente del terzo settore (con la Regione anziché la Prefettura ad operare in veste di organo di controllo), ma soprattutto la sostanziale "cacciata" dei soci pubblici dal cda, non esattamente in linea con le volontà della fondatrice dell’ente Mercedes Pedrazzini, vedova Marini, che nel documento fondante stabiliva quale avrebbe dovuto essere l’esatto assetto del consiglio. Nonostante le "numerose sollecitazioni", così il notaio Antonio Marrese attorno all’episodio di un anno fa, il vecchio cda non è stato più convocato. E adesso, che scenario si apre? Immaginare lo sviluppo degli eventi, per lo più legati in questa fase ai tempi della giustizia amministrativa, è una faccenda piuttosto complessa. L’unico dato certo è un evidente stallo generale che agli occhi dei pistoiesi si traduce semplicemente in un portone chiuso da troppo tempo e un patrimonio artistico condannato a buio e polvere che certamente meriterebbe altra considerazione. "L’auspicio – dice oggi il notaio Marrese – è che si riporti la gestione di questa fondazione in un solco di rispetto delle regole. Quando questa realtà è stata costituita, la signora Pedrazzini aveva in mente un disegno preciso che concretizzò su carta nello statuto in tante regole e paletti. Qui – mette in chiaro - emerge chiaramente il legame di Marino con Pistoia. Nello statuto si legge infatti che tra gli scopi c’è quello di gestire il Museo Marini, punto questo del tutto sparito dal nuovo statuto". "Occorre muoversi – esorta quindi il notaio –, la città non può perdere questo museo per accorpamento di una Fondazione costituita altrove con persone altre. Se una fusione per ottenere una Fondazione unica si vuol fare, che la si faccia. Ma – conclude Marrese – che sia previsto nero su bianco che sia il museo Marino Marini di Pistoia ad incorporare San Pancrazio e non viceversa". linda meoni