"Psicologa non vaccinata? Deve tornare a lavorare"

Il giudice della seconda sezione del Tribunale civile di Firenze, Susanna Zanda, ha sospeso temporaneamente il provvedimento dell'Ordine degli Psicologi della Toscana che vietava ad una dottoressa di Pistoia di esercitare la sua professione di psicologa perché no vax

Tribunale

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Pistoia, 13 luglio 2022 - Psicologa no vax? Deve tornare a lavorare. A deciderlo, il giudice della seconda sezione del Tribunale civile di Firenze, Susanna Zanda. Con un decreto d'urgenza, firmato il 6 luglio scorso, ha sospeso temporaneamente il provvedimento dell'Ordine degli Psicologi della Toscana che vietava ad una dottoressa di Pistoia di esercitare la sua professione di psicologa perché non vaccinata.

La psicologa, sospesa dal lavoro perché non aveva aderito alla campagna vaccinale contro il Covid-19, nel frattempo è stata reintegrata dal giudice nel suo posto di lavoro e potrà esercitare "in qualunque modalità (sia in presenza che da remoto) alla stessa stregua dei colleghi vaccinati". L'udienza di merito per discutere la revoca, la conferma o la modifica del provvedimento in contraddittorio è stata fissata dal giudice Zanda per il 15 settembre. Difesa dall'avvocato Raul Benassi di Piombino (Livorno), la psicologa ha fatto ricorso cautelare urgente in Tribunale per chiedere la sospensione del provvedimento assunto dal Consiglio dell'Ordine degli Psicologi della Toscana il 19 ottobre 1921 "per mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale".  

Il giudice ha accolto molte delle osservazioni presenti nel ricorso. Nel provvedimento d'urgenza il giudice Zanda accoglie una serie di osservazioni proprie dei no vax, secondo cui la vaccinazione non coprirerebbe totalmente dal Covid. La legge sull'obbligo vaccinale poi si propone di "impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario”, ma il giudice rileva che "questo scopo è irraggiungibile perché sono gli stessi report di Aifa ad affermarlo". E poi si fa riferimento ad un "fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione, ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi". 

Nel contestare l'obbligo vaccinale, il provvedimento del giudice cita l'articolo 32 Costituzione: "Dopo l'esperienza del nazi-fascismo non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona, senza il suo consenso libero e informato". Ma per il giudice "un consenso informato non è ipotizzabile allorquando i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è, come in questo caso, coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto 'militare'". Il testo del provvedimento osserva anche che "a tutt'oggi dopo due anni ancora non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi".

Il giudice ricorda, inoltre, che "le varie convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia vietano l'imposizione di trattamenti sanitari senza il consenso dell'interessato perché ne verrebbe lesa la sua dignità" e che la Costituzione "non consente allo Stato e a tutti i suoi apparati centrali e periferici di imporre alcun obbligo di trattamento sanitario senza il consenso dell'interessato". Il giudice rileva anche "un'innegabile discriminazione rispetto ai colleghi vaccinati che possono continuare a lavorare pur avendo le stesse possibilità di infettarsi e trasmettere il virus".

Ma non basta: il giudice si rivolge anche alle autorità sanitarie della Regione Toscana e al Consiglio dell'Ordine degli Psicologi della Toscana in quanto "non possono non essere al corrente del dilagare dei contagi nonostante l'80-90% della popolazione sia vaccinata”.