Rifiuti, si apre il fronte dei pozzi neri. Costi più alti e rischio inquinamento

Per smaltire i liquami serve il 30% in più: c’è chi getta tutto nei torrenti

Un'operazione di smaltimento fanghi

Un'operazione di smaltimento fanghi

Pistoia, 1 ottobre 2018 - Costi più alti, tempi più lunghi e rischio inquinamento. È di nuovo allarme per la piana pistoiese. Dopo l’imponente moria di pesci dello scorso 24 agosto, causata da uno sversamento di liquami nel corso della Brana a Pistoia, che aveva interessato anche il territorio di Prato, la storia rischia di ripetersi a causa della situazione di stallo in cui si trovano le ditte di spurgo di tutta la Toscana.

In seguito ad una sentenza del Tar della Lombardia, gli impianti di depurazione della Toscana non possono più esportare i concimi ottenuti dalla lavorazione dei liquami di fosse biologiche e pozzi neri. Di conseguenza, non possono più accogliere tali liquami e le ditte non possono effettuare nessun tipo di intervento. Tutto bloccato quindi, e qualcuno, preso dalla disperazione, si è visto costretto a ricorrere a metodi illegali per scaricare i liquami, con gravi conseguenze sull’ambiente e sulla salute dei cittadini, come appunto è accaduto a Pistoia.

Da oggi la situazione potrebbe cominciare a normalizzarsi grazie ad una nuova norma che consente di nuovo di portare i liquami negli impianti toscani, ma il caos di questi giorni ha fatto nel frattempo lievitare i costi.

«Adesso si spende il 25-30% in più e non è detto che sia possibile rispondere a tutte le chiamate, perché dipende tutto dagli impianti di depurazione e dalle quantità che ci consentono di portare – sottolinea Massimo Durgoni, responsabile regionale della Fita autospurghi Cna – La situazione è difficile, ma sabato, insieme a Cristiano Checchi, portavoce dell’area Prato-Pistoia, abbiamo incontrato il senatore Mallegni che ha proposto una norma in grado di sbloccare il conferimento superando le difficoltà attuali. C’è un decreto e speriamo che tutto si possa risolvere davvero al più presto». Cna stima in 6mila (circa 300 aziende) gli addetti del settore che in questo momento sono col fiato sospeso a causa dell’interruzione di fatto dell’attività.

Non è la prima emergenza rifiuti che la piana pistoiese deve affrontare. E’ di due giorni fa la richiesta della Confcommercio di abbassare la Tari perché per molte aziende «ha costi insostenibili», mentre nel recente passato, come «La Nazione» ha più volte testimoniato, il territorio è stato interessato dallo scarico illegale di rifiuti ingombranti e scarti delle ditte tessili del pratese. Adesso si prospetta un nuovo pericolo per la zona, stavolta forse più grave. Se la situazione degli spurghi non si risolverà al più presto, sempre più “furbi” potrebbero ricorrere a sistemi illegali di scarico dei liquami. Pistoia e le zone limitrofe rischiano così di diventare nuovamente la discarica a cielo aperto dei rifiuti altrui, e il triste spettacolo dei pesci morti, con il ventre gonfio per i veleni, lungo il corso del fiume, potrebbe anche ripetersi.