"Meglio i ragazzi collegati da casa"

Migration

di Daniela Gori

"Vedo come molto complicato fare lezione a distanza con una parte della classe a casa e contemporaneamente avere davanti in presenza l’altra parte – esordisce così Riccardo Niccolai, docente di laboratorio di tecnologie informatiche all’istituto tecnico statale Fedi Fermi di Pistoia –, soprattutto perché le due modalità necessitano ciascuna di una metodologia diversa dall’altra. Sarebbe controproducente per gli uni e per gli altri a mio avviso. Inoltre – insiste il docente – dovremmo poi fare i conti con le continue assenze dei ragazzi in quarantena, rischiando di trovarci davanti in classe anche uno o due soli studenti".

Citando una frase di Abramo Lincoln, ‘il caso è nuovo e dobbiamo pensare in modo nuovo’, il professor Niccolai spiega dunque come riterrebbe più costruttivo fare lezione in questo periodo di emergenza sanitaria, ricorrendo alle ultime soluzioni nate dalla ricerca nella didattica sperimentale: "Occorre applicare metodologie innovative che sono ad hoc per la didattica a distanza, come la flipped classroom, la peer education a distanza, gli episodi di apprendimento situato. In questo modo – aggiunge l’insegnante –, facendo stare tutti i ragazzi a casa, le lezioni potrebbero portare molti frutti, cosa che vedo più difficile se si pensa di riproporre le metodologie che si usano la mattina in classe con i ragazzi seduti nei banchi davanti a noi".

L’unica eccezione, i ragazzi con bisogni educativi speciali o con il sostegno: "Per loro sarebbero previste delle ore in presenza, distanziati e con la mascherina, in alcuni giorni della settimana, in modo da anticipare loro gli argomenti che poi vedranno da casa collegandosi in via telematica. Del resto – conclude – il periodo da marzo a giugno è stato per tutti noi insegnanti un bel banco di prova, ci ha fornito l’esperienza e l’opportunità di avvicinarci a un modo nuovo di fare lezione. Adesso dobbiamo continuare su questa strada".