Il babbo è molto malato "A lui la casa di famiglia"

La decisione della Corte d’Appello a favore di un cinquantenne pistoiese nel procedimento di separazione dalla moglie, anche con un figlio minore

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Il babbo è gravemente malato e la Corte d’Appello ha assegnato a lui la casa familiare nel procedimento di separazione dalla moglie, anche in presenza di un figlio minore, adolescente.

E’ questo il decreto emesso il 18 giugno, e notificato due giorni fa, dalla Corte d’Appello di Firenze, prima sezione civile (Isabella Mariani presidente relatore, Giovanni Sgambati e Alessandra Guerrieri consiglieri), dopo il ricorso presentato dal legale dell’uomo, l’avvocato Giovanni Ligato del foro di Prato, contro l’ordinanza del tribunale di Pistoia che, in sede di urgenza, aveva assegnato l’abitazione alla ex moglie per la presenza di un figlio minore. Lo sfratto era fissato per il 28 luglio. Il decreto ha un precedente simile soltanto a Venezia, nel 2013, sempre in Appello e in circostanze di minore gravità per il padre in questione. A motivare la decisione a favore dell’uomo, un cinquantenne della piana pistoiese, proprio la gravità delle sue condizioni. Si legge nel decreto che l’assegnazione della casa familiare deve avvenire prioritariamente nell’interesse dei figli. Tuttavia c’è uno spazio di discrezionalità quando l’interesse del minore va a confliggere con "interessi altrettanto e maggiormente rilevanti". In questo caso la "gravissima situazione sanitaria" dell’uomo, affetto dalla corea di Huntington, malattia rara, neurodegenerativa e riconosciuto invalido al cento per cento.

"Tutti i processi psicomotori – scrive la Corte – sono gravemente colpiti. I pazienti inoltre presentano un declino cognitivo. La progressione della malattia evolve in una perdita completa dell’autonomia, per cui i pazienti necessitano di un’assistenza costante, e infine nel decesso. Le cause più comuni del decesso sono la polmonite, seguita dal suicidio. Tale malattia – scrivono i giudici – non può che essere ritenuta una delle malattie più gravi che possono colpire l’individuo, poichè non incide solo sul corpo, causando conseguenze nei movimenti e nelle elementari esigenze di vita che portano indicibili sofferenze, ma anche nella psiche, come attesta la causa di morte suicidaria. In tale situazione deve considerarsi valore e diritto preminente quello della salute del soggetto che non può vedersi privato dell’habitat dove ha acquisito abitudini di vita che lo alleviano nella prassi quotidiana".

"Un provvedimento – è il commento dell’avvocato Ligato – di grandissima rilevanza pubblicistica e costituzionale in materia di diritto alla salute". Per il momento restano tutti nella stessa casa. "Sarà l’uomo – spiega infine Ligato –, salvo accordi, a decidere se esercitare o meno il diritto al rilascio dell’immobile da parte dei familiari".

l.a.