"Emigrata da bambina: mi sentivo invisibile"

Il racconto di Hassina Benyoucef, 17 anni, studentessa a San Marcello, ha vinto il contest di scrittura dei "Dialoghi sull’Uomo"

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Nella sua lingua si dice ‘fi almanzil’, ‘a casa’. Due parole, eppure dentro un mondo intero e soprattutto un valore senza prezzo di cui lei, così giovane ma già così consapevole, conosce bene l’imprescindibile importanza: la libertà. Hassina Benyoucef (foto) ha 17 anni, frequenta la classe IV dello scientifico Fermi di San Marcello, e dal suo arrivo qui in Italia dall’Algeria undici anni fa conserva un primo nitido ricordo, ancora ben stampato nella mente: un gruppo di bambini in grembiulino nero festosi nel giorno della foto di classe, di corsa là dove avrebbero dovuto mettersi in posa e da una parte lei, disorientata, impaurita, esclusa dall’entusiasmo collettivo per via di quel muro ancora impossibile da abbattere, la lingua.

"Tutti i bambini mi sembravano grandi e io tanto piccola tra di loro. Restai in disparte, come se avessi paura. Mi sentivo invisibile". Affida alla carta le sue emozioni con un risultato così magnetico da catturare il favore della giuria del contest di scrittura dei "Dialoghi sull’uomo" che le ha assegnato il primo premio (un buono da 300 euro e i 17 volumi della serie dei libri dei Dialoghi edita da Utet).

"Di solito non ho l’abitudine di mettere per iscritto le mie emozioni – racconta lei -. Questa volta è accaduto tutto molto semplicemente: ho buttato nero su bianco tutto quello che avevo dentro e basta, con naturalezza". L’Italia, racconta lei, è arrivata nei pensieri di babbo e mamma quando lei non era che una bambina: "Papà aveva attraversato il confine dell’Algeria per venire in Italia, inizialmente come turista, all’età di venti anni. Dopo essersi sposato e aver avuto me e mio fratello, insieme alla mamma ha deciso di portarci qui, per garantirci un futuro migliore. Mi sono ritrovata in un Paese di cui non conoscevo la lingua e le persone, la cui cultura era differente da quella a cui ero abituata e soprattutto dove non mi sentivo a casa". Come hai vissuto questo viaggio verso una nuova vita? "È stato difficile. Per carattere sono una persona che vive le cose con molto trasporto, molto emotiva. Ero, e tuttora lo sono, molto legata ai miei parenti, ai nonni, ai cugini. È stato duro dovermi separare da loro. Non è il luogo a mancarmi, ma è questo grande abbraccio che mi scaldava". Che accoglienza hai ricevuto, quanto è stato difficile integrarsi? "Ci è voluto del tempo. Grazie ai miei genitori e alla maestra delle elementari sono riuscita a conquistare il mio primo lasciapassare per l’integrazione, ovvero ad acquisire la lingua. Continuavo comunque a sentirmi diversa, fino all’età delle medie, in cui c’è stata come una piccola rinascita. Gli amici si interessano e mi chiedono spesso dei posti da cui vengo, delle nostre tradizioni, di tutto ciò che non assomiglia a quel che accade qui".

Nel tuo elaborato, concludi scrivendo ‘nonostante mi trovi bene in questo Paese, continuo a sentirlo lontano’: che distanza è quella che provi? "È legata alle tradizioni, alla cultura, al modo di vivere. Al fatto che ancora quando esco sono spesso l’unica ragazza con il velo e mi rendo conto di essere osservata. Mi manca il ramadan così come lo viviamo giù. Qui onoriamo la tradizione, ma non può essere la stessa cosa, manca quell’armonia che si crea ad ogni rituale". Cosa immagini per il tuo futuro? "Dopo la maturità vorrei iscrivermi a medicina. Ho il sogno di diventare pediatra, spero di riuscire a realizzarlo".

linda meoni