La morte di Cristiana: nessuna patologia cardiaca, resta l'ipotesi dell'embolia

L'autopsia sul corpo della giovane. L'avvocato chiede di conservare gli organi

Cristiana Capecchi

Cristiana Capecchi

Pistoia, 5 marzo 2019 - Nessuna patologia cardiaca congenita né malformazioni che possano giustificare il malore e poi la morte. E’ quanto è stato accertato durante l’autopsia effettuata ieri pomeriggio sul corpo di Cristiana Capecchi, la 28enne di Marliana, morta domenica 24 febbraio all’ospedale San Jacopo, dopo una crisi respiratoria, e dopo tre precedenti dimissioni dal pronto soccorso nei giorni precedenti.

L’esame è durato quasi cinque ore, dalle 13,30 alle 18,30, ed è stato eseguito dal medico legale Susanna Gamba, a cui ieri mattina il procuratore Giuseppe Grieco, che ha diretto le indagini della Squadra Mobile, ha conferito l’incarico. Presente anche il medico legale Marco Di Paolo, nominato dalla difesa di uno dei tre medici indagati per omicidio colposo dalla Procura e il medico legale Giuliano Piliero, scelto dalla famiglia di Cristiana che è rappresentata dall’avvocato Pamela Bonaiuti.

E’ stata proprio l’avvocato Bonaiuti a chiedere, a tutela della famiglia di Cristiana, al termine dell’accertamento tecnico irripetibile, che fossero congelati gli organi interni. Si tratta di una richiesta necessaria, per la parte civile, a permettere, qualora ce ne sia bisogno, eventuali nuovi esami istologici.

Ora, bisognerà attendere sessanta giorni per conoscere l’esito dell’autopsia. Resta in piedi l’ipotesi dell’embolia polmonare, tra tutte quella a cui gli stessi medici hanno sempre pensato fin dai primi momenti, dopo la tragica morte.

Cristiana Capecchi era stata al pronto soccorso di Pistoia per ben tre volte prima della sera di domenica 24 febbraio, quando vi era arrivata in urgenza: la notte del 12 febbraio, per un forte dolore alla spalla destra, il pomeriggio del 14 febbraio e la mattina del 18 febbraio. Durante il secondo accesso, sarebbe stata sottoposta ad una Tac con contrasto, ma l’esame diagnostico non aveva evidenziato nulla di grave se non una bronco polmonite da curare. Il primo riscontro dei medici dopo la morte invece, aveva lasciato spazio ad una ipotesi di embolia polmonare.