Di giorno accanto ai malati. La notte a studiare il Covid 19

Un giovanissimo medico pistoiese in corsia al San Matteo di Pavia. Tutte le sere telefona alle sue nonne: "State in casa il più possibile"

Il dottor Bernardo D’Onofrio nel policlinico di Pavia

Il dottor Bernardo D’Onofrio nel policlinico di Pavia

Pistoia, 22 marzo 2020 - Tutte le sere telefona alle sue nonne: "State in casa. State in casa il più possibile". Lui invece, ogni giorno, in corsia, affronta l’emergenza. C’è un giovanissimo medico pistoiese, il dottor Bernardo D’Onofrio, 27 anni, in uno degli ospedali del Nord squassato dall’epidemia di coronavirus, un avamposto tutto nostro in questa guerra, armato di mascherina, ma anche di tanto, tanto amore per la sua professione. Un percorso di studi brillantissimo lo ha portato, come specilizzando in reumatologia, a ottenere una borsa di studio alla Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia. Si è laureato con una tesi sull’artrite reumatoide e sul coinvolgimento dei polmoni in questa malattia.

Come tutti i medici in questo periodo storico, affronta giornate difficili e interminabili, ma ha trovato dieci minuti per noi. «Il primo provvedimento, da quando è iniziata l’epidemia, è stato il blocco dei ricoveri programmati, così siamo diventati un reparto destinato soltanto ai pazienti che arrivano dal pronto soccorso e quindi anche di persone positive al Covid-19 che poi vengono trasferite nel reparto di malattie infettive. Sono un gran numero di pazienti. Vivo tutto questo in maniera diversa rispetto all’esterno, ma se si va a vedere l’andamento delle morti siamo di fronte a una situazione importante. Pavia non è il centro con più casi, ma fin dall’inizio di questa emergenza il San Matteo è stato il riferimento della Lombardia. Abbiamo lavorato fino a undici ore al giorno, poi sono stati predisposti turni di sei ore per cercare di evitare gli assembramenti e di ammalarci. Dal punto di vista psicologico c’è tensione, soprattutto fra gli infermieri e gli operatori sanitari perchè loro hanno un contatto ancora più stretto con le persone malate. Sono molto provati. E tutti noi abbiamo sempre paura di trasmettere il virus.

«Mi tengo sempre in contatto con mia madre e con le nonne con le quali ho un rapporto molto stretto, ma alla fine sono io a essere preoccupato più per loro che per me. Qui rispettiamo la quarantena in modo strettissimo. Esco soltanto per fare la spesa e cerco di farla bastare per tutta la settimana. Quando sono a casa leggo. Dovevo andare a Istanbul e in Cappadocia. Viaggio annullato. Intanto leggo la guida per l’America Centrale...E poi studio. C’è un vero e proprio bombardamento di articoli e notizie sul Covid 19 e sulle terapie, e poi studio la mia materia, la reumatologia. Professionalmente spero che anche la figura dello specializzando venga più considerata. Ora che c’è l’epidemia siamo impegnati anche al pronto soccorso e quindi esposti a un rischio importante. I tagli hanno portato anche a questo. Ma la sanità pubblica – conclude – è una grande forza". lucia agati