Pistoia, 29 novembre 2013 - Otto anni dopo l'allestimento con Roberto Herlitzka, torna al Teatro Manzoni di Pistoia (da venerdì 6 a domenica 8 dicembre) Re Lear con una compagnia toscana per la prima volta nella sala pistoiese: il Teatro Popolare d’Arte diretto da Gianfranco Pedullà, regista di punta della scena toscana e nazionale (direttore dei teatri di Bucine e di Lastra a Signa) e che da anni tiene anche un laboratorio teatrale nella Casa Circondariale di Pistoia

. L'allestimento di Re Lear o il passaggio delle generazioni è di ampio respiro e grande coralità, reso unico dall’affidamento della parte del re ad una donna, Giusi Merli, attrice poliedrica e assai carismatica, interprete nel ruolo della 'Santa' nel film di Paolo Sorrentino, La grande bellezza, candidato all’Oscar.

Nel cast molto affiatato, segnaliamo Marco Natalucci nel ruolo del Matto (protagonista di tanti lavori di Ugo Chiti e del Gian Burrasca di Angelo Savelli), il 'montalese’ Francesco Rotelli quale Edgar (del gruppo Gli Omini, presenti a marzo nella stagione di prosa al Piccolo Teatro Mauro Bolognini con Capolino). Da citare anche Gianfranco Quero (Glouster), attore siciliano, già collaboratore di Mario Martone.
Lo spettacolo è inserito anche nel Progetto “A Scuola di Teatro”, promosso dalla Provincia di Pistoia e dall'Associazione Teatrale Pistoiese e per il quale il regista Pedullà ha tenuto   nei giorni scorsi al Teatro Bolognini due incontri di approfondimento molto seguiti sul tema “Shakespeare e i giovani”, al quale hanno partecipato scuole da Agliana, Pistoia e  Pescia.

Saranno oltre 2500 gli studenti e docenti delle medie superiori che assisteranno allo spettacolo nelle sei recite mattutine in programma (due delle quali aggiunte proprio per venire incontro alla grande richiesta): il 2 e 3 dicembre al Teatro Pacini di Pescia, il 4 al Teatro Yves Montand di Monsummano e il 5, 6 e 9 dicembre al Teatro Manzoni.


Per il ciclo IL TEATRO SI RACCONTA la compagnia incontrerà il pubblico sabato 7 dicembre alle ore 17,30 al Saloncino Manzoni; conduce l'incontro Saverio Barsanti, direttore artistico dell’Associazione Teatrale Pistoiese “In King Lear, fra i tanti temi – spiega Pedullà –  Shakespeare parla di un difficile passaggio di poteri fra le generazioni di un’arcaica e mitica Inghilterra. Qualcosa di simile sembra accadere nella nostra epoca, dove la comunicazione fra padri e figli appare sbilanciata a favore di adulti sempre giovanili e giovani che, per molti motivi (culturali, lavorativi, sociali), faticano a imporre la loro funzione sociale e non riescono a diventare adulti. Mettere in scena Re Lear è come salire su una montagna e gettare un lungo e pietoso sguardo sul mondo, sulle conquiste e sulle cadute degli uomini. Una montagna misteriosa che, scalandola, svela lentamente la grandezza e la piccolezza del genere umano (…). “


Nel mio spettacolo – continua il regista – Re Lear è interpretato da una donna, ribaltando così la regola del teatro elisabettiano nel quale erano gli uomini ad interpretare anche le figure femminili. A me interessava piuttosto sottolineare la fragilità e l'umanità del Re, quello della seconda parte del testo shakespeariano: il volto e la gracilità di Giusi Merli rappresentano al meglio questa condizione. Questa scelta all'inizio è stata vista con perplessità da molti, perché nella tradizione il ruolo è interpretato dai “Primi Attori”, con voci roboanti e corpi possenti, certamente adatti a impersonare il Re della prima parte della tragedia, in cui appare sicuro di sé , forte e potente. Le rivalità, la competizione sfrenata, riportano gli uomini e le donne allo stato bestiale, alla violenza, alla guerra sterminatrice. Allora, quindi, si rompono i legami di solidarietà fra giovani e vecchi, fra padri e figli, tra fratelli e sorelle; e la vita umana si chiude nell’individualismo cieco, nella solitudine aggressiva, nella sofferenza e nell’insofferenza. Resta solo spazio per tamburi e rituali di guerra, alla fine della quale la terra appare devastata e desolata; un deserto che solo una nuova generazione di giovani onesti - ed eticamente motivati - può sperare di seminare e fecondare con pazienza, tenacia e nuovo respiro, come nelle parole finali dell'opera affidate a Edgar. “


Uno dei maggiori critici, Gianfranco Capitta, ha sottolineato come la nuova produzione del Teatro Popolare d'Arte segni una svolta nel lavoro di Pedullà anche per la straordinaria proiezione nella coscienza contemporanea: “Questo Re Lear vive in un paesaggio dalle raffigurazioni arcaiche, con la grandiosità primitiva di certi squarci del cinema pasoliniano (abiti, gioielli, elementi di scena), ma nello stesso tempo rinvia alla semplicità eloquentissima del teatro di Peter Brook...”