Pistoia, 14 febbraio 2013 - L’annuncio delle dimissioni di Papa Benedetto XVI non ha lasciato indifferente la comunita? cattolica pistoiese. Sono tanti coloro che hanno voluto lasciare un pensiero per il pontefice «dimissionario». Ecco alcune delle riflessioni giunte, raccolte grazie al contributo dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni Sociali.

 

"Il pensiero che ci ha attraversato la mente a noi insegnanti di religione, ma ancora più come credenti, è stato sicuramente un forte rammarico per la perdita di una figura così importante e fondante nella nostra vita di cristiani, ma al tempo stesso una grande stima per chi ha dovuto prendere una decisione così difficile e sofferta, di grande responsabilità, una scelta che ha portato a confrontare una grande figura spirituale con la propria condizione di uomo, prima di non essere più in grado di assolvere il proprio compito, ha preferito ritirarsi, una preghiera ad un grande uomo, ad un grande papa ...".
Azzarello Elena insegnante di religione cattolica Scuola Primaria.


Sto ancora elaborando la notizia, credo che la decisione che è stata presa, sia stata ponderata ed inevitabile, ritengo che nei prossimi mesi verremo a conoscenza di altri fattori che ci faranno comprendere meglio il tutto, penso che in un periodo particolare per la Chiesa, Chiesa che deve fare delle scelte importanti, abbia voluto permettere a tutti i Cardinali di scegliere il suo successore dando loro tutto il tempo possibile.
Fabrizio Borelli, Quarrata


Quello del papa è stato un gesto storico, imprevisto e coraggioso. La prima reazione che ho avuto è stata certamente di sorpresa e sconcerto davanti alle parole di un papa che ammette la sua fragilità fisica, che riconosce di non farcela più, che chiede perdono per i suoi difetti. Vedo in tutto questo una umanissima ammissione di debolezza che però nello stesso tempo diventa un segno di forza: la capacità che il papa ha avuto di affidarsi a Dio, la libertà interiore con cui ha capito di dover lasciare il suo ministero, il coraggio con cui ha saputo prendere una decisione tanto inaspettata. Da primo che era si è fatto ultimo, in totale controtendenza rispetto alle logiche di potere del mondo in cui viviamo e alle quali, spesso, ci adeguiamo. Passata la mia sorpresa e anche il mio smarrimento iniziali, quindi, credo che con questo gesto il papa abbia dato un bel segno alla Chiesa e a tutti noi credenti: un esempio di umanità, affidamento a Dio, apertura e umiltà, una bella sfida che sta a tutti noi accogliere e seguire.
Andrea Lottini, insegnante di Religione Cattolica


Bene, ci sarebbe molto da dire e poco da commentare, credo comunque che lo Spirito Santo ha agito nel cuore del Papa in modo tale da far nascere nelle parole che ha detto un sentimento di rinnovamento e stimolo per le generazioni future. Non mi dilungo sulle questioni bancarie o problematiche interne al vaticano, credo che Papa Benedetto XVI abbia attuato la forma migliore per lasciare il pontificato in mani più forti e consapevoli delle sfide future...gli auguro una serena attesa per la Gerusalemme celeste.
Ettore Marziale referente Centro Ascolto Caritas Quarrata

 

Nell'epoca del tutto scontato, ai grandi è dato di sorprenderci e scuoterci... Un gesto forte quello di Benedetto XVI che sorprendente per la sua inusualità: dinanzi a tanti personalismi afferma la primazia della missione rispetto al sé. Un grande atto di umiltà e di generosità verso la Chiesa e  un invito, che dobbiamo cogliere,  ad interrogarci come credenti sul senso del nostro agire.
Renata Fabbri, animatore cultura e comunicazione diocesi Pistoia


Tutto il Vangelo pone l’uomo al centro del creato. Anche in questa occasione Papa Benedetto ha confermato questa centralità:  la straordinarietà del suo gesto nasce dall’ascolto della crescente  fragilità dovuta all’età avanzata  e dalla consapevolezza che le sue forze non erano più sufficienti.  La sua rinuncia è una dimostrazione di grande amore verso il Popolo di Dio. Auguriamoci che la Chiesa intera colga da questo segno di generosità la spinta per rigenerarsi e testimoniare il Vangelo con forza e autenticità.
Patricia e Stefano Mazzinghi Gori


Personalmente ho avvertito subito queste dimissioni come il riconoscimento di una povertà, di un limite e la scelta di non sopravvivere a se stessi: il segno di una dignità personale e di una densità spirituale. Insieme vi colgo il riconoscimento di una crisi drammatica della Chiesa, sia interna – le lotte di potere interne alla curia, gli scandali  che sconvolgono la vita ecclesiale –, sia esterna: il fallimento di ogni atteggiamento impositivo, normativo rispetto a un mondo che, nel bene e nel male, cammina con una sua totale autonomia. Auspico una Chiesa non maestra ma compagna di cammino e di ricerca sulle criticità - antropologiche sociali ambientali  - che incombono: ricca solo della speranza cristiana.
Mariangela Maraviglia, ricercatrice

 

Penso che sia una scelta evangelica, frutto di un profondo discernimento spirituale. Il discernimento è un valore purtroppo trascurato, spesso anche nella stessa chiesa. Rimane più facile affidarsi alle certezze degli automatismi, piuttosto che svolgere il quotidiano e faticoso lavoro di cercare di comprendere che cosa Dio ci chieda giorno per giorno, volta per volta. Ciò secondo me risolve anche la presunta contrapposizione con il comportamento di Giovanni Paolo II, il quale ha invece ritenuto che, in quel momento, Dio gli chiedesse di rimanere. La scelta di Benedetto XVI contiene però, rispetto a quella del predecessore, qualcosa di più universale e innovativo: ribadisce in modo evangelico che ogni ministero è in funzione della Chiesa e non viceversa, liberando in modo salutare il servizio di Pietro da quell'insopportabile patina mitologica che si addice più a qualche autocrate mondano che  al Servo dei servi di Dio.
Nelvio Catania, diacono

 

La prima sensazione è stata stupore e smarrimento. Con mio marito abbiamo subito pensato: è vero siamo la generazione degli anni 80, generazione della disgregazione e della precarietà...ma il Papa...
Non nascondo che la sera stessa ritrovandoci nel salotto di casa con gli amici di AC i commenti, le preoccupazioni ma anche le speranze sono state numerose. Storico rimarrà il commento di uno di noi "certo noi non ci facciamo mancare niente, dopo l'11 settembre anche le dimissioni del Papa!"
purtroppo la fragilità del nostro tempo, le difficoltà della chiesa, il sempre più mancato senso di appartenenza contribuiscono a spaventare dei giovani che cmq con forza continuano a credere.
(analizzando il singolo gesto staccato dal momento storico) più pacatamente e lucidamente però mi sento di dire che quello del Papa è stato un vero atto di forza e libertà: avere la capacità di confessare i propri limiti e ritirarsi con quella dignità fa parte solo degli uomini forti. Quindi la seconda sensazione è stata anche ammirazione per ciò che io non sarei riuscita a fare...più facile rimanere lì e trascurare! Vorrei però una chiesa, anche diocesana, che ci aiuti a comprendere: le domande sono numerose sui perchè, su quale futuro, sulle speranze veramente riformiste che i giovani fanno sulla chiesa ma anche spiegazioni teologiche. Possiamo autosospenderci dalla chiamata dello Spirito Santo? oppure è la vicinanza stretta con lo spirito che concede agli uomini la forza di tirarsi da parte quando pensano di non farcela, nonostante il ruolo, il momento e la portata delle responsabilità?
Valentina Raimondo (presidente diocesano Azione Cattolica)


Le dimissioni di papa Benedetto ci hanno colto impreparati, di sorpresa, non ce le aspettavamo e... non ci eravamo abituati, anzi... non pensavamo fossero possibili. A mente fredda, appreziamo l'umiltà, la sincerità e l'amore per la chiesa che l'atto delle dimissioni testimoniano. D'altro canto, le responsabilità, cosi pesanti, che hanno condotto papa benedetto a questa scelta le sentiamo nostre, siamo disposti come chiesa, a condividerle ed a operare per il servizio di tutti; le nuove sfide, che la società ci mette difronte sono  estremamente gravose , bisognose di attenzioni, competenze, coraggio ..(e chissà quante altre cose) ma siamo sicuri  che l'atto di papa Benedetto  aprirà un nuovo percorso e  che  la chiesa saprà percorrere con  impegno e speranza, sicuri della vicinanza di nostro signore e dell'impegno di tutti i cristiani in comunione con i loro pastori.
Alessandro Paci, associazione scout (Agesci)


Dopo un primo momento di sorpresa, ho percepito la decisione di Benedetto XVl come un gesto di grande coraggio e umiltà. L'essere a capo della chiesa cattolica non è avere un posto di potere, ma essere a servizio dei fratelli, infatti uno dei titoli del papa è "servo dei servi di Dio" . Pertanto è giusto farsi da parte quando ci si rende conto che per motivi di salute e per l'avanzare degli anni non si è più in grado di assolvere il pesante compito di guida della chiesa.
Franco Niccolai  presidente Medici cattolici Pistoia


La decisione del Papa è un messaggio a tutti i popoli e ai potenti della terra. Il non attaccamento al potere per il potere, concretizza l’espressione del potere come servizio. La consapevolezza del limite è un elemento importante per ogni uomo, ma soprattutto per chi ha grandi responsabilità verso gli altri. Accanto alla consapevolezza del limite, c’è l’accettazione di esso. In questo il Papa accetta la sua fragilità di uomo che avanzando negli anni, si sente meno adeguato alle necessità del tempo odierno e futuro. Quindi non un rifiuto, o una fuga, ma accettazione del suo essere relativo. E’ un esempio per quei politici e potenti della terra, ma anche per certi genitori, che sembrano non avere mai la consapevolezza che ad una certa età, per il bene degli altri, bisogna andare in pensione, che bisogna abdicare perché è saggio farlo, perché il tempo dell’energia fisica e mentale che serve, viene gradualmente meno, e mentre si può essere più utili in altra maniera, si è inadeguati per il tempo presente.
Gian Luigi Ugolini, associazione “Insieme per la Terra Santa”

 

“La rinuncia di Benedetto XVI è un atto che deriva da una lucida capacità di analisi della propria situazione di perdita di vigore fisico. Colpisce innanzitutto il coraggio di una scelta in cui al primo posto ha messo gli interessi della Chiesa. Un sacrificio personale che ha denotato una profonda umiltà che deve essere di stimolo e di esempio per tutti noi credenti. La prova ulteriore che, nella Chiesa, ogni incarico deve essere visto come un servizio spirituale, mai come la gestione di un potere fino a se stesso. Colpisce inoltre la serenità con cui questa comunicazione si è svolta alla stampa, segno di manifestazione della mansuetudine che è caratteristica di una vita donata al Signore, fatta di preghiera e di ascolto della Parola di Dio.”
Daniele Bini, Ministro della Fraternità Francescana OFS Montale

 

Quando lo ho appreso dalla radio, mi è venuto da piangere perché questo è  un grande Papa di cui si parlerà molto in futuro, e pensare di non aver più la Sua guida sicura, chiara, luminosa, mi ha fatto un po’ paura. Ma sono sicura nella mia Fede, che il Papa che verrà saprà continuare a traghettare la barca di Pietro nel miglior modo possibile e prego per questo. Ma mi viene da sottolineare alcune cose, che tutti o quasi , cercano di ignorare. “Le mie forze e l’età avanzata spingono a ritirarmi” Benedetto XVI si ritira: questo è il verbo esatto. Dimettersi significa: me ne vado, non ce la faccio più. Ma non è questo che Lui ci ha detto: “Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, consapevole di non essere più in grado di guidare la Chiesa”- Gesto direi eroico, oltre che di una umiltà eccezionale, quello di denunciare che lui, uomo, con la sua età e ciò che ne consegue, non può più farcela  e la Chiesa ora più che mai ha bisogno di una guida sicura e decisa. La sua non è una malattia come quella del suo predecessore che può essere di esempio , di aiuto a chi soffre, di esmpio, la sua non è una malattia che incute rispetto. La sua è una malattia che porta a strumentalizzazioni, a inganni (ricordiamoci che sono arrivati a rubare nelle Sue stanze!) a vicinanze di personaggi (clero e laici )che possono cercare di governar loro la barca di Pietro nella sua impossibilità. Qualcuno ha detto che dalla Croce non si scende, io credo in realtà che Papa Ratzinger sia salito sulla Sua Croce il giorno 10 febbraio 2013, ben consapevole , sempre fedele a Dio, dicendo l’ennesima volta sì alla Sua Volontà.
Paola Maria Mandelli, Medici Cattolici Pistoia

 

Una decisione forte, impensabile, che forse non riusciamo a comprendere fino in fondo e ci ha lasciati smarriti.  Sicuramente, il Santo Padre è arrivato a questa decisione dopo un percorso di sofferenza, preghiera, e meditazione. E crediamo che è il Signore che guida la Chiesa e guiderà  anche questo  passaggio storico.  Lo Spirito Santo sta scrivendo pagine a noi sconosciute e sappiamo che niente e nessuno prevarrà sulla Chiesa di Cristo. In questo tempo di Quaresima preghiamo con un’ intercessione amorevole per Benedetto XVI e per colui che lo Spirito Santo susciterà come successore. Inoltre il coraggio di  lasciare per il bene della Chiesa non è scendere dalla croce ma di prenderla da un altro lato e sempre per il bene della Chiesa.
Silvana Gelli, Rinnovamento nello Spirito Santo

 

Come cattolico e credente in Cristo, devo solo accettare la decisione del Santo Padre, anche se dolorosa e con tanti ma!!!. Cristo rispetta ogni nostra decisione, se presa non di punto in bianco, ma dopo un accorato discernimento, poiché é Lui che ci ha creato, e pertanto conosce anche le nostre debolezze e sofferenze umane.
Andrea Bonifacio, RnS – Rinnovamento nello Spirito

 

Apprendendo la notizia c’è stato in me un forte sbigottimento e stupore, tanto più che era inaspettata.  Avendo seguito il Santo Padre, con affetto e gioia, mediante i suoi documenti, come l’ udienze generali settimanali, lettere apostoliche, omelie,  è nato in me un dispiacere come di una persona cara che non mi avrebbe più scritto, come se si allontanasse da me senza dirmi il perché!.  Poi, ho riletto più volte la dichiarazione delle sue dimissioni, e mi ha dato consolazione, perché nelle poche righe vi ho intravisto un atto d’ umiltà,  frutto della preghiera,  ma soprattutto d’amore per la Chiesa!  Grazie Santo Padre! Fernando Berti, RnS, idem


La notizia delle dimensioni del Santo Padre, passato il primo sbigottimento, sono dal giorno del loro annuncio al centro dei miei pensieri. Profondo rispetto per la sua decisione, grande preoccupazione per le prospettive cui la Chiesa va incontro, ma anche grande speranza e fiducia per le scelte che lo Spirito Santo farà. Come l'allora Cardinale Ratzinger ebbe occasione di dire a Vittorio Messori e che lui stesso ha riportato nel suo recente articolo apparso sul Corriere della Sera in questi giorni col titolo "I tre perché di un gesto umile": "chi si preoccupa troppo della situazione difficile della Chiesa (e quando mai non lo è stata?) mostra di non avere capito che essa è di Cristo, è il corpo stesso di Cristo. A Lui, dunque, tocca dirigerla e, se necessario, salvarla. «Noi - diceva Ratzinger - siamo soltanto, parola di Vangelo, dei servi, per giunta inutili. Non prendiamoci troppo sul serio, siamo unicamente strumenti e, in più, spesso inefficaci. Non arrovelliamoci, dunque, per le sorti della Chiesa: facciamo fino in fondo il nostro dovere, al resto deve pensare Lui". 
Marco Maria Gulli


Il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, ci ha dato una testimonianza di grande amore per la Chiesa, e con molta e molta umiltà! Grazie di tutto, Santo Padre e Dio ti benedica! (Antonio Coppini, RnS)
In un primo momento sono rimasta sorpresa e molto turbata, poi ho pensato: “lo Spirito Santo soffia dove vuole”, sono tempi forti, e certo susciterà un nuovo pastore con molteplici carismi, per guidare con discernimento il suo gregge. Credo proprio che ci sarà una svolta epocale, non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero.
Irene Ricasoli, RnS

 

Ritengo che dietro al gesto del nostro caro Santo Padre Benedetto XVI ci sia un grande senso della responsabilità che viene dal ruolo che ricopre e dalla figura che incarna e che nello stesso tempo ci sia la consapevolezza che talora l’età limita le capacità e  le prestazioni. Trovo che la sua scelta oltre che coraggiosa e umile, sia fortemente dolorosa per lui che ha sempre amato e servito la Chiesa con umiltà.  Io gli voglio molto bene, ora ,più di prima!
Anna Drovandi

 

Il Santo Padre, con la rinuncia alla Soglia Pontificia, sentendosi debole, ha innalzato la Sua persona ad una posizione di vera grandezza. E, tutti noi, dopo lo smarrimento iniziale, sentiamo di porgerGli un
commosso ringraziamento per il suo amore paterno, rimanendo in profonda e continua preghiera per la nuova fase della Sua vita,  in quest'anno della Fede, in cui ci ha chiamato. Sentiamo anche, in modo particolare, di stringerci intorno a tutta la Chiesa, al nostro Vescovo Mansuetoed  ai sacerdoti della diocesi, nell'unità più piena, perchè Gesù in mezzo  continui ad attirare lo Spirito Santo, che conforta, guida ed illumina.
Rosanna Caselli, Focolarini Pistoia


Onore al Papa, il messaggio di don Giordano Frosini
Onore a Papa Benedetto. Per il suo coraggio, la sua libertà interiore, la sua umiltà. Il gesto insolito e inaspettato ha richiamato l’attenzione del mondo intero, ha suscitato commozione generale, ha meravigliato indistintamente tutti. La fine in qualche modo illumina retrospettivamente tutta la vita, colora della sua luce l’intero passato,  riassume e sintetizza come in un lampo l’intera trama dell’esistenza. Ora il Papa teologo, il professore, l’intellettuale di fama mondiale, rimarrà per tutti e per sempre come colui che, unico in duemila anni di storia della chiesa, ha saputo tornare al silenzio da cui era stato strappato quasi per forza otto anni fa.

 

Un rifiuto non fatto per viltà, ma per amore della chiesa, con la decisione tipica degli uomini di pensiero, abituati a sviscerare in profondità le situazioni e a trarne le conseguenze logiche senza tentennamenti e con decisione. “Incapacitatem meam agnosco”, riconosco la mia incapacità, dovuta all’età, alla stanchezza fisica e spirituale, all’impegno massacrante di un papato nel nostro tempo, forse anche alle attuali condizioni difficili della chiesa. Per il bene di questa, è giusto che venga un altro, più fresco, più giovane, più entusiasta. Il mondo intero è stato così messo dinanzi a un gesto, non semplicemente raro, ma singolare, nel tempo della frenetica corsa al successo e al potere che segna pesantemente la nostra epoca.

 

Un gesto tanto singolare da apparire addirittura rivoluzionario. Dunque era questo Benedetto XVI? Di tal genere era l’animo del Papa timido e gracile, succeduto alla prestanza fisica e mediatica di Giovanni Paolo II? Nessuno l’aveva detto, nessuno l’aveva pensato. Anzi si riteneva comunemente che egli appartenesse alla categoria dei tradizionalisti e, per la verità, non mancavano gli argomenti per arrivare a conclusioni del genere. Ora dobbiamo tutti rivedere i nostri giudizi: un atto di umiltà anche da parte nostra. Scrivo queste note appena udita la notizia che sta percorrendo il mondo intero, in stato di commozione e di sorpresa, col cuore che batte forte per un annuncio che ha tutte le qualità per diventare un gesto epocale.

 

Ed è augurabile che tutti, anche i più critici, rivedano, almeno parzialmente, le loro posizioni, mettendo da parte ogni elemento polemico e collocandosi ora con gli altri in attento ascolto di quello che Dio domanda alla sua chiesa. È quanto lo Spirito Santo, visibilmente presente in questa vicenda, richiede a tutti noi. Benedetto XVI era convinto che la chiesa avesse bisogno di un bagno purificatore sul piano della prassi e della fede, per non essere travolta dal pensiero dilacerato e tendenzialmente nichilistico che si sta sempre di più imponendo nel panorama culturale del nostro tempo.

 

È in questo senso che a lui va riconosciuta la qualifica fondamentale di difensore della verità e della ragione, sia nella ricerca umana che nella ricerca teologica. “Defensor rationis”: così a me, nonostante tutto, è piaciuto sempre raffigurarlo, pensarlo e presentarlo con una sintonia totale di pensiero.
L’enciclica Fides et ratio non è firmata da lui, ma ci vuol poco a capire che le sue pagine portano il segno della sua intelligenza e delle sue penetranti analisi. L’appello alla  verità era presente in tutti i documenti che hanno arricchito la chiesa durante il suo pontificato. Anche la carità va vista, va vissuta alla luce della verità, altrimenti riesce perfino a perdere se stessa. Altrettanto va detto della Sacra Scrittura.

 

L’amore per Cristo e la sua chiesa traspariva in tutti i suoi interventi e in tutti i suoi atteggiamenti. Ora dobbiamo riprendere in mano tutto quello che egli ci ha lasciato, per rileggerlo alla luce del grande fatto che ha chiuso la sua esistenza di maestro e di pastore. Papa Benedetto è stato (è) un autentico amante di Cristo, da lui incontrato nella preghiera, nella contemplazione, nello studio. La chiarezza di pensiero che tutti abbiamo ammirato nei suoi scritti e nei suoi discorsi, era certamente frutto di un lavoro interiore diuturno, paziente, empatico, che ha attraversato l’intera sua vita.

 

Ne erano testimoni inconfondibili il volto luminoso, gli occhi vivaci e penetranti, la voce rispettosa ma decisa. Egli leggeva le sue cose scritte con tono dimesso, senza concedere nulla alla retorica, quasi chiedendo scusa per quanto stava dicendo, ma l’ascoltatore attento non poteva distrarsi, tanto il ragionamento era pertinente, carico di sentimento e condotto alla luce di una logica rigorosa e suadente.

 

Alcuni atti hanno destato in non pochi qualche risentimento e un certo disagio: certe interpretazioni del concilio, certi interventi discutibili, come quelli in  favore della comunità del vescovo scismatico Lefebvre, la reintroduzione della messa di san Pio V, la condanna della teologia della liberazione. Ma ora (poi torneremo a riflettere) possiamo riguardare tutto questo con maggiore comprensione e minore severità. Certo, problemi al suo successore Benedetto XVI ne ha lasciati molti e molto spinosi. La storia continua.

 

Per l’intera comunità cristiana ora comincia il tempo della grande preghiera, della riflessione comune, delle scelte in cui anche il popolo cristiano può e deve far sentire la sua voce. Soprattutto è l’idea di popolo di Dio, fondamentale nella concezione della chiesa del Vaticano II, che dobbiamo riprendere per cercarne una realizzazione più piena. La chiesa ha bisogno di maggiore corresponsabilità e partecipazione. Ci attendono giorni fortemente impegnativi. Li affrontiamo con l’animo affranto ma non disperato. Perché il tempo che stiamo vivendo non è affatto quello di una fine, ma piuttosto quello di un promettente e luminoso principio.