2008-04-23
di GIOVANNI CAPECCHI
MARCELLO Venturi si è spento lunedì nella sua abitazione di Campale (Alessandria) nel giorno del suo ottantatreesimo compleanno. Era nato a Seravezza il 21 aprile 1925, aveva trascorso a Pistoia gli anni della formazione (dal 1936 alla fine della seconda guerra mondiale), si era trasferito a Milano tra il 1948 e il 1960 dirigendo la pagina culturale dell’Unità e collaborando con la casa editrice fondata da Giangiacomo Feltrinelli, infine si era trasferito in Monferrato, dopo aver sposato nel 1960 la scrittrice Camilla Salvago Raggi, compagna di una vita.
Pistoia ha rappresentato per lui la stagione della giovinezza. È qui che ha cominciato a leggere gli amati scrittori americani che Vittorini traduceva negli anni Trenta, è qui che ha scritto i suoi primi racconti ed è qui che dopo l’8 settembre 1943 ha partecipato alla Resistenza, una resistenza senza eroi, fatta, come amava ripetere, più di fughe che di assalti. E Pistoia è la città costantemente ricordata nei suoi libri, da Il treno degli Appennini (1956) a Gli anni e gli inganni (1965), da Più lontane stazioni (1970) a Tempo supplementare (2000).
Nella nostra città era tornato tra l’altro nel 1995, avendo vinto il premio «Ceppo» con Cinque minuti di tempo. Poi, più recentemente, aveva partecipato alle edizioni di Letteraria del 2005 e del 2007, festeggiando in quest’ultima occasione la ristampa fatta da Sellerio di quel capolavoro che è L’ultimo veliero, pubblicato la prima volta nel 1962.
Pochi giorni prima di andarsene, nel suo letto di Campale, in mezzo ai lunghi silenzi, con gli occhi che si arrossavano di tanto in tanto per la commozione provocata dai ricordi, continuava a seguire le vicende del mondo (anche se con fatica, leggeva i titoli dei giornali), a guardare dalla finestra la natura che tornava a rifiorire, a ripensare a viaggi fatti e ad amici incontrati. Insieme, nella mia recentissima visita, abbiamo continuato a progettare lavori e a parlare di libri: di un volume che raccolga alcuni suoi racconti inediti e articoli giornalistici, di una iniziativa da dedicare all’amico scrittore Sergio Civinini, nato a Pistoia nel 1929. Sentiva la vita che se ne andava (sabato 19 disse: «Prima del mio compleanno, faccio in tempo a morire»), ma bastava parlare di altre cose e non della malattia perché si risvegliasse lo sguardo sempre più spento e perché si ridestasse dal torpore provocato dalla morfina.
Marcello Venturi se n’è andato ed è inutile dire che chi, come me, ha avuto la fortuna di conoscerlo, si sente oggi più solo. Ma se n’è andato serenamente, con la serenità di un uomo libero, che ha preferito l’isolamento al compromesso, che ha messo la scrittura al servizio di quelli che chiamava «i poveri cristi», dimenticati dalla storia e dalla letteratura: dai vecchi marinai viareggini agli anarchici delle Apuane, dai soldati uccisi a Cefalonia nel settembre 1943 (ai quali ha dedicato il suo libro più famoso, Bandiera bianca a Cefalonia) ai contadini del Monferrato.
Marcello Venturi se n’è andato, ma ha lasciato più di venti libri, con i quali poter dialogare, nei quali andare a cercarlo per incontri silenziosi. L’ultimo suo libro, All’altezza del cuore (Aragno editore), era arrivato a Campale, fresco di stampa, la settimana scorsa. È un libro che raccoglie cinque racconti, ancora una volta impegnato e poetico, fatto di riflessioni sul presente e di ricordi del passato tra i quali, immancabile, quello di Pistoia.