"INNAMORATO DI TE"

Il pallone raccontato da D’Angelo "Lavoro, partite e pregiudizi"

di Saverio Bargagna

Una palla che rotola, nella sua semplicità e nella sua immutata magia. E’ questo il calcio secondo Luca D’Angelo: un gioco che vale una vita. E il mister lo racconta con la solita schiettezza, che lo contraddistingue affrontando temi che vanno oltre uno schema tattico o il prossimo avversario sul rettangolo verde.

D’Angelo, ormai ogni aspetto della nostra vita quotidiana è influenzato dalle conseguenze della pandemia. Lei come vive questa periodo storico?

"Credo che nella vita sia necessario seguire le direttive delle persone realmente competenti. In molti, oggi, si improvvisano virologi o medici senza avere alcuna base o nozione in merito. Mi fido di chi ha studiato ed è questa la bussola che regola il mio operato quotidiano. Ho fiducia in chi, nella prima ondata del virus, ha svolto un buon lavoro. Lo dimostrano i fatti: nella mia squadra, ad oggi, non abbiamo avuto neppure caso di Covid. Al tempo stesso diffido di chi non si attiene scrupolosamente alla regole".

In che senso?

"Nella vita bisogna studiare e anche parecchio. La cultura è progresso e, invece, mi pare che la società stia regredendo sempre di più".

Si spieghi.

"Oggi rischiamo di far primeggiare il pensiero di chi sparla su Facebook o TikTok. Siamo tentati di dare lo stesso valore a voci che non hanno la medesima autorevolezza. E’ un errore grave a mio avviso".

Lei ha due figlie in età scolastica: la scuola sta fallendo nella sua missione?

"No, anzi. E’ l’unica salvezza del genere umano. Non dobbiamo permettere che a dominare il pensiero siano i tuttologi dei social network. Lo dico sempre alle mie figlie: ‘Studiate’. E’ l’unico modo per migliorare davvero le condizioni del genere umano".

Il Covid ha allontanato le persone dal calcio? Sta passando il messaggio che voi siate dei privilegiati...

"Beh, non saprei rispondere. Quel che è certo è che noi, dal punto di vista economico, siamo davvero una categoria di privilegiati. E’ anche vero, però, che chi vive di calcio va incontro anche a notevoli sacrifici: stiamo lontani dalle famiglie per tanti e tanti anni. Ma, non ho dubbi: rifarei tutto da capo se potessi. Questa vita da girovago – per svolgere il lavoro che sognavo da bambino – non la cambierei affatto".

Non tutti i calciatori però sono Cristiano Ronaldo. Tanti ragazzi pur arrivando ad un passo dal grande calcio, non sfondano. E’ un mondo che crea anche tanti precari...

"E qui torniamo al punto di partenza: la scuola. Deve essere una priorità anche per chi aspira a fare il calciatore. E’ un errore smettere di studiare per seguire solo il pallone. Bisogna sempre costruirsi un’alternativa".

Se lei non avesse sfondato nel calcio che cosa avrebbe fatto?

"Ho sempre pensato che avrei comunque trovato un posto lavoro. E non sarebbe stato un dramma".

Lei si sente un precario?

"No e non mi sono mai sentito tale. Ho giocato 15 anni in serie C e diverse stagioni in serie B in un’era storica dove giravano molti i soldi. Le ripeto, sono un privilegiato".

Mister, secondo lei questo sport è cambiato dagli anni ’90 ad oggi?

"Dipende molto dalla prospettiva con la quale guardiamo a questo gioco. Le racconto che cosa è per me il calcio?".

Prego.

"Allenamenti e partita. Il resto non mi interessa".

Quindi?

"Per me non è cambiato affatto".

E’ davvero un mondo di squali, come spesso si racconta?

"E’ un universo competitivo. Credo che in ogni categoria vi siano personaggi discutibili. Io, però, le devo dire la verità: nel calcio ho conosciuto tante persone per bene. La stragrande maggioranza, se mi permette".

Lei deve prendere numerose decisioni ogni settimana. Si sente mai solo con le proprie responsabilità?

"Ho numerosi difetti, ma non questo. E’ vero che devo prendere decisioni, ma le vivo come una necessità e nella massima trasparenza. Non credo ai complotti. Non credo alle macchinazioni. E poi, in totale onestà, ho una staff con il quale condividere pensieri e idee".

Quanto è difficile dire ad un calciatore: ‘Non sei più nei miei piani’?

"Siamo professionisti e come tali abbiamo delle responsabilità. Io, nelle buone e nelle cattive notizie, cerco sempre di essere diretto. Sono freddo. Questo non significa che non mi dispiaccia interrompere aspettative o sogni. Però, è il mio lavoro".

E’ mai diventato amico dei suoi calciatori?

"Mai. In primo luogo perché ho quasi 50 anni e il mio modo di pensare e vedere il mondo è parecchio distante da quello dei ragazzi di 20-25 anni. Abbiamo mentalità e obiettivi diversi. Insomma, non ho alcuna esigenza di diventare amico dei miei calciatori. Inoltre non sono nemmeno un gran simpaticone. Non credo che i miei calciatori aspirino ad uscire con me il sabato sera...".

E il suo rapporto con lo staff?

"Costruito negli anni. Con loro ho un confronto quotidiano".

Mister, quanto conta per lei il calcio?

"Tanto, tantissimo. Ho sempre fatto questo nella vita e sono un grande appassionato di questa palla che rotola inseguita da 22 persone. Mi guardo tutte le partite: dalla serie A, alla serie C. Mi piace il calcio femminile, il calcio dei ragazzi. Guardo perfino le partite degli Allievi. Mi entusiasmo ancora con questo sport e, in ogni categoria, si può scorgere qualche aspetto nuovo e magari anche inusuale".

E con gli altri sport come se la cava?

"Tennis, sci, atletica leggera, ciclismo mi piacciono molto. Ma non sopporto gli altri sport di squadra...".

Volley e basket non le interessano?

"Solo calcio! E lei pensi che disdetta! Mia figlia gioca a volley. Mia moglie è stata una giocatrice di pallavolo di buon livello. Però non ce la faccio proprio...".

Quindi lei non prende spunto da altri sport?

"No, no, per niente. Amo però il cinema. Mi ritaglio sempre un paio d’ore a settimana per vedermi un bel film".

Il lavoro dell’allenatore e quello del regista sono così diversi?

"Chi lo sa? Beh, di sicuro il regista non ha un avversario che vuole girare una scena migliore della sua. E, oltretutto, se una battuta viene male può sempre registrarla di nuovo. E’ anche vero, però, che se un film non ottiene successo deve aspettare diversi anni per potersi riscattare. Mentre io, già la settimana dopo, posso provare a rifarmi...".

Mister usciamo dagli stereotipi: le piace Pisa?

"Sa che cosa mi piace? Questo è un popolo che non si prende mai troppo sul serio. Adoro questo modo di essere e di pensare. Non è così comune. Ho abitato in città che si ritenevano l’unico centro dell’universo".

D’Angelo, mister Ventura è passato da Pisa per poi raggiungere la Nazionale. Lei si vedrebbe Ct dell’Italia?

"No, per carità. Non sarei adatto per questo tipo di incarico. A me piace respirare l’aria del campo ogni giorno. Sarebbe difficile lavorare con giocatori che vedi una volta ogni tanto e per pochi giorni".

Sabato torna il campionato: Salernitana-Pisa. E’ pronto?

"Pronto? E chi si è mai fermato?".