Simoni mette in guardia: ''Vietato sbagliare l'allenatore''

I consigli del decano degli allenatori, pisano d'adozione: ''Azzerare tutto ogni anno e ricominciare da capo non è sempre la soluzione migliore. E' vero che il Pisa non ha vinto il campionato, ma se è arrivata terza mi viene difficile credere che tutta la rosa sia da buttare''

Luigi Simoni

Luigi Simoni

giovedì 7 giugno 2018 -  «Serve calma e ponderazione: anche alla fine di una stagione deludente, azzerare ogni anno tutto e ripartire da capo non è sempre la soluzione migliore». Parola di Gigi Simoni, 79 anni, pisano d'adozione. decano degli allenatori di calcio, dodici campionati vinti di cui due proprio alla guida del Pisa ('84-85 e '86-87, in entrambe i casi due promozioni in serie A). Guai, insomma, decidere sull'onda dell'emotività a partire dall'esito di una stagione che avrebbe dovuto avere tutt'altro coronamento: «Sicuramente fra i tifosi e nella piazza c'è delusione soprattutto per l'eliminazione prematura dai play-off, ma quando arriva il momento di fare le scelte serve equilibrio e tanta competenza: è vero che il Pisa non ha vinto il campionato, ma se è arrivata terza in classifica mi viene difficile credere che tutta la rosa sia da buttare ...».

Però l'obiettivo d'inizio stagione era centrare la promozione.

«E' vero e sicuramente la società e l'allenatore che sarà chiamato a guidare la squadra dovranno capire con attenzione che cosa non è andato e quali correttivi apportare per fare ancora meglio la stagione successiva. Attenzione, però a non buttare il bambino con l'acqua sporca ...».

Ossia?

«Le posso dire quello che è capitato a me in un paio di occasioni: sia a Brescia che con il Genoa, un anno partimmo per centrare la promozione e poi ci dovemmo accontentare del quinto posto. La proprietà era arrabbiata e avrebbe voluto rivoluzionare l'organico, ma io chiesi di fare quattro o cinque correttivi mirati: sapevo che la squadra che avevo allenato aveva qualche lacuna da colmare, ma da uomo di calcio ero consapevole anche dei valori che c'erano in quei gruppi. Tanto che l'anno dopo vincemmo il campionato. Se si arriva quinti in un campionato con venti squadre, vuol dire che si è nel gruppo delle migliori».

La stessa logica penso può essere applicata al Pisa?

«Direi di sì. Se è arrivato terzo e non è mai sceso al di sotto del quarto posto, significa, che già adesso i nerazzurri sono una squadra di vertice. Beninteso, non basta per vincere il campionato: ma una cosa è mandare via tutti, o quasi, e rifondare la squadra, un'altra è andare a cercare i correttivi giusti. Quest'ultimo, peraltro, è un lavoro particolarmente difficile …».

Chi li deve scegliere? «L'allenatore. Almeno nella mia carriera è sempre stato così ...»

Anche con presidenti certo competenti ma anche “ingombranti” come Anconetani?

«Certo. Anche con lui. I tre o quattro giocatori che gli chiedevo e che consideravo fondamentali per vincere il campionato, me li ha sempre presi. Poi ne aggiungeva sempre altri due o tre che conosceva e voleva lui, spesso facendo anche scelte azzeccate (ride ndr) ...».

La società, quindi, non deve sbagliare la scelta dell'allenatore? «No. E poi deve fargli sentire la fiducia, senza intromettersi. Qualora, si ritenga di aver preso il tecnico sbagliato, la soluzione più logica, infatti, è quello di cambiarlo, non di provare a forzargli la mano. Per un motivo molto semplice: per quanto, magari, non adatto all'organico a disposizione, l'allenatore è un professionista preparato ad allenare squadre di calcio. Si può presumere, quindi, che di pallone ne capisca un po' di più di chi, per mestiere, costruisce palazzi o gestisce dei negozi».