Covid-19, medici di B sul piede di guerra: ''Più della metà ha annunciato le dimissioni''

Parla il professor Castellacci, presidente dell'associazione dei ''dottori del calcio'': ''Addossate su di noi tutte le responsabilità nel caso un giocatore sia contagiato da Covid-19. Il protocollo va cambiato''

Il medico Enrico Castellacci (Ansa)

Il medico Enrico Castellacci (Ansa)

Pisa, 14 maggio 2020 - «Più della metà dei medici sociali di serie B ha preannunciato le dimissioni se non cambierà qualcosa nelle bozze di protocollo per la ripresa dei campionati: ho già ricevuto diverse comunicazioni da parte loro». C'è anche questa mina da disinnescare nel percorso che dovrà accompagnare il calcio italiano verso la ripresa e a dirlo a chiare lettere è il professor Enrico Castellacci, il “dottore” dell'Italia mundial di Marcello Lippi ma soprattutto il presidente dell'associazione dei medici italiani del calcio. Il problema ruota tutto attorno alla responsabilità, civile ma anche penale, in caso di positività a Covid-19 di un calciatore che «almeno nelle bozze dei protocolli di cui si è discusso sino ad oggi, gravano interamente sulle nostre spalle e beninteso le nostre responsabilità noi siamo assolutamente disponibili a prendercele»

Dunque il problema qual è?

«Se i tamponi non ci sono, il medico non può farli e non può ricadere su di lui la responsabilità di un eventuale contagio. Stesso discorso se qualcuno si allontana dal ritiro e poi si ammala: siamo medici, non vigilantes. Ci assumiamo tutte le responsabilità che attengono alla medicina dello sport, non quelle che esulano dal nostro lavoro».

Come è potuto accadere che ai medici sociali siano state attribuite anche responsabilità che non gli competono?

«Semplice: non siamo stati invitati a partecipare ai lavori della commissione tecnico scientifica della Figc che ha elaborato la bozza di protocollo, poi è stata sottoposta all'attenzione del Governo. Per la stesura di un documento sulla ripresa dei campionati con un'epidemia sanitaria in corso, i medici del calcio non sono stati interpellati. Questa è la realtà: stiamo anche valutando se nel protocollo vi sia qualche vizio di legalità e per questo abbiamo incaricato gli avvocati pisani Carlo Porcaro D'Ambrosio e Claudia Palla».

Perché a minacciare le dimissioni sono stati soprattutto i medici di serie B?

«In realtà il malessere è assai diffuso anche fra i colleghi di A. Nel campionato cadetto, però, ci sono meno tutele sia dal punto di vista economico, che logistico e organizzativo ...»

Ossia?

«Basti pensare alla questione della quarantena obbligatoria del cosiddetto “gruppo squadra”: quanti club di serie B hanno una foresteria in grado di ospitare tutti? Quasi nessuno ...».

Vuol dire, dunque, che quella regola non è applicabile nel campionato cadetto?

«Guardi, penso che se c'è davvero la volontà di far ripartire il mondo del calcio, è necessario pensare a protocolli differenziati per categoria: quel che è possibile in A, i nB spesso non può essere nemmeno immaginato ..»

Ma ci sono margini per fare queste modifiche?

«In linea teorica sì, dato che stiamo ancora parlando di bozze. Però bisogna fare in fretta perché dal 18 ricominceranno gli allenamenti e c'è necessità di una cornice precisa e condivisa entro cui muoverci».

Questa bozza di protocollo consentirà la ripresa dei campionati?

«Se non cambia nulla, io ne dubito fortemente. Il nostro governo ha adottato una linea di prudenza massima, che è assolutamente legittima, e che non compete a me discutere. Ma se basta un solo caso di Covid-19 per bloccare un'intera squadra, dubito fortemente che i tornei, quand'anche ricominciassero, possano arrivare regolarmente alla conclusione»