''La maglia del Pisa? L'unico sogno che non ho realizzato''. La parabola di Giovanni Galli

Dalle case popolari di Porta a Lucca alla Coppa del Mondo. Portando sempre Pisa nel cuore ''perché le radici non si rinnegano''. Intervista all'ex portiere di Milan e Nazionale

Giovanni Galli

Giovanni Galli

Pisa, 16 marzo 2020 - «Giocare con la maglia del Pisa? Altroché: è l'unico sogno che non ho realizzato». Ha vinto proprio tutto Giovanni Galli, 62 anni, in bacheca tutto quello che un calciatore  può vincere in una carriera: dalla Coppa del Mondo (Spagna '82) alla Coppa dei Campioni (due volte), passando per quelle Intercontinentale, Uefa, Supercoppa Europa e scudetto. Eppure sì, «non ho problemi ad ammetterlo, quel cruccio lì mi è rimasto»

Mica male per uno che è diventato una bandiera della Fiorentina …

«Vivo a Firenze da 45 anni e sono grato a questa città per tutto quello che mi ha dato. Ma  sono nato e rimango pisano: le radici non si rinnegano mai. E, mi creda, i colori nerazzurri fanno parte del mio dna ...».

Pure questa è una bell'affermazione dato che ha vinto tutto con quelli rossoneri del Milan

«Vero (ride ndr), ma guai dimenticare che sono nato in Piazzale Genova, alle case popolari di Porta a Lucca: in linea d'aria credo un centinaio di metri dall'Arena. In Curva ero sempre presente, ma sa quale fu la prima partita che ho visto in trasferta della mia carriera di tifoso?»

Prego.

«Fiorentina-Pisa nel '69. Io ero in Curva Ferrovia, insieme ai miei amici, tutti quanti tifosi del Pisa. E fu una delusione cocente ...».

Perché?

«Perdemmo 3-1 e quella sconfitta ci fece fare un passo, forse definitivo, verso la retrocessione in B mentre loro ne fecero uno, molto importante, per la vittoria dello scudetto. Però ricordo tutto come fosse ieri: per noi segnò Joan a dieci minuti dalla fine, uno dei miei idoli di allora»

Dunque era un tifoso del Pisa?

«Lo sono tuttora e seguo la squadra di D'Angelo con molto interesse. A quei tempi  ero un tifoso sfegatato: ricordo ancora gli sberleffi ai livornesi dopo i derby vinti. Una volta lanciammo in campo delle galline, una cosa impensabile negli stadi di oggi. Un'altra alcuni amici, dopo un altro derby vinto, andarono a Livorno e misero la maglia nerazzurra alla statua dei Quattro Mori: io non mi unii al loro solo perché ero piccolo».

Chissà che effetto le avrà fatto, allora, vedere Pisa-Livorno a porte chiuse …

«Bruttissimo, anche se è stato inevitabile per l'emergenza che stiamo vivendo. Meno male almeno abbiamo vinto: quei tre punti sono stati fondamentali per allontanarci dalle sabbie mobili della zona play-out»

Dov'è che Giovanni Galli ha cominciato a tirare calci ad un pallone?

«Lì nei piazzali. Insieme agli altri ragazzi realizzammo un campetto in un'area a verde fra i piazzali Genova e Venezia. Ricordo che ci aiutarono anche i genitori: mio padre costruì le porte, uno dei pali era un platano del parco ...».

La prima squadra vera e propria?

«La Pubblica Assistenza che, adesso, credo proprio non esista più da diversi anni. Insieme agli altri ragazzi del quartiere decidemmo di mettere su una squadra vera: fu determinante il Fornaini, un amico di famiglia, che fu anche il nostro primo allenatore. Andò alle sede dell'associazione, che allora si trovava in via San Martino, e chiese se volevamo sostenerci. Così inizio quell'avventura».

Giocava già in porta?

«Feci tutto il precampionato da centrocampista. Alla prima giornata, però, ci accorgemmo che eravamo senza portiere, così chiesero a me di mettere i guanto e non ho più smesso (ride ndr): il mese dopo fu convocato con la rappresentativa provinciale nel torneo delle Repubbliche Marinare. Gli osservatori della Fiorentina mi videro e decisero di tesserarmi, anche se non andai subito in viola: ero piccolo, per cui per un anno mi mandarono in prestito alla Marinese che allora era una squadra satellite dei gigliati. La stagione seguente approdai a Firenze da lì è iniziata la mia carriera».

Che cosa è Pisa per lei?

«La mia città, in cui vive ancora mia madre, e un posto che amo: a Maggio, anzi, sarò insignito del premio “Pisani si nasce, pisani si diventa”, una cosa che mi inorgoglisce molto e che spero di riuscire a ritirare anche perché vorrebbe dire che saremmo finalmente uscito da questo bruttissimo periodo».