La gotta del duca Federico da Montefeltro: studio Unipi svela i segreti della sua malattia

La ricerca è stata condotta dalla Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Istituto di Medicina Evolutiva dell’Università di Zurigo

 Federico da Montefeltro nel “Doppio ritratto dei Duchi d’Urbino” di Piero della Francesca

Federico da Montefeltro nel “Doppio ritratto dei Duchi d’Urbino” di Piero della Francesca

Pisa, 28 febbraio 2018 -  Federico da Montefeltro "ai raggi X". Lo studio paleopatologico dei ‘pazienti’ celebri può trovare talvolta importanti riscontri nelle fonti storiche, ma assai raramente è possibile diagnosticare su resti scheletrici antichi di oltre 500 anni una patologia e poi rinvenire un documento, scritto di proprio pugno dall’illustre personaggio, in cui viene descritta la stessa malattia.

È quanto è successo stavolta grazie a uno studio condotto sui resti scheletrici del duca Federico da Montefeltro (1422-1482) dalla Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa, diretta dalla professoressa Valentina Giuffra, in collaborazione con l’Istituto di Medicina Evolutiva dell’Università di Zurigo (Francesco Galassi e professor Frank Rühli).

Lo studio è stato pubblicato sul numero di gennaio 2018 della rivista “Clinical and Experimental Rheumatology”. I resti di Federico da Montefeltro, esumati a Urbino nel 2000 dalla Divisione di Paleopatologia di Pisa, portano inequivocabili i segni dell’artrite urica, una lesione osteolitica peri-articolare patognomonica del processo infiammatorio tipico della gotta è presente sull’epifisi distale del primo metatarsale del piede destro del duca. La gotta è una malattia conosciuta fin dall’antichità, anche se sotto questa definizione venivano comprese nella medicina premoderna molte altre patologie reumatiche. Alla gotta andavano particolarmente soggetti nel Medioevo e nel Rinascimento gli aristocratici, che facevano uso abbondante di alimenti ricchi di purine, come le carni rosse.

Nel giugno 1462 Federico si trovava nel Lazio a combattere al soldo di papa Pio II, quando un forte attacco doloroso al piede destro lo costringe a letto. Il duca allora scrive personalmente al proprio medico di fiducia Battiferro da Mercatello una lettera. Nella missiva, che oggi si trova conservata all’Archivio di Stato di Firenze, Federico descrive con dovizia di particolari l’insorgere dell’attacco gottoso, il decorso, le probabili cause e, con sorprendente competenza, si autodiagnostica la gotta. Riferisce della dieta molto severa che si è imposto, incolpando se stesso di non aver seguito le prescrizioni del medico, il quale aveva consigliato durante l’inverno 1461-62 l’uso di alcuni medicamenti proprio per scongiurare un ritorno della malattia, di cui il duca aveva già sofferto in precedenza.

Antonio Fornaciari, primo autore dello studio, spiega: “Federico da Montefeltro, noto per essere stato uno dei più importanti capitani di ventura del ‘400, grande mecenate e scaltro uomo politico, ci appare qui in una prospettiva del tutto diversa da quella tramandataci nei serafici ritratti di Piero della Francesca. Nello scrivere al proprio medico traspare tutta la preoccupazione e l’ansia di un paziente sofferente che chiede insistentemente aiuto, un inedito quadro di living-experience da artrite urica del XV secolo”. Lo studio, oltre ad arricchire la nosografia di Federico da Montefeltro e la casistica paleopatologica sui casi antichi di gotta, ha una grande valore metodologico dal momento che dimostra quanto sia proficua nella ricostruzione patografica e paleopatologica l’alleanza tra discipline diverse, mediche e filologiche, per arrivare a corrette ricostruzioni storico-mediche.