Pisa studia lo stress da astronauta per curare le malattie degenerative

L'ateneo è partner del progetto PlanOx2 dall'Agenzia Spaziale Europea

Andrea Degl'Innocenti, Alessandra Salvetti, Leonardo Rossi

Andrea Degl'Innocenti, Alessandra Salvetti, Leonardo Rossi

Pisa, 19 aprile 2018 - Lo spazio offre risposte sull'invecchiamento cellulare. Alla base c'è lo studio degli effetti della gravità alterata sui processi biologici, come accade ad esempio agli astronauti quando stanno a lungo nello spazio, l'obiettivo è capire come porvi rimedio contrastando l’aumento di produzione di radicali liberi.

L’Università di Pisa è partner del progetto “PlanOx2” dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), insieme ad un consorzio internazionale di ricerca che comprende l’unità di ricerca di Gianni Ciofani dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), il Cnr di Marsiglia e l’Università di Amsterdam. “Il progetto contribuirà alla comprensione dei meccanismi alla base dello stress ossidativo ed alla possibile prevenzione del danno a cui sono sottoposti gli astronauti durante i viaggi spaziali – spiega Alessandra Salvetti del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’ateneo pisano – ma più in generale lo studio potrebbe avere importanti ricadute in ambito biomedico, poiché si tratta degli stessi meccanismi che contribuiscono all’insorgenza di molte patologie degenerative come la distrofia muscolare”. E proprio in queste settimane Alessandra Salvetti, insieme al collega dell’Università di Pisa Leonardo Rossi e ad Andrea Degl’Innocenti (IIT), si trova al Centro Europeo di Ricerca Spaziale e Tecnologica dell’Esa, a Noordwijk nei Paesi Bassi, per condurre una serie di test in condizioni di microgravità e di ipergravità. Gli esperimenti sono condotti su planarie, vermi di pochi millimetri con un corpo piatto che rappresentano un organismo modello molto studiato dagli scienziati per le loro considerevoli capacità rigenerative.

“In particolare – conclude Alessandra Salvetti – la nostra equipe sta cercando di capire come contrastare l’invecchiamento cellulare utilizzando uno smart material, le nanoparticelle di ceria, cioè ceramiche biocompatibili dall'eccezionale capacità antiossidante ed autorigenerante, in grado di contrastare l'insorgenza di radicali liberi”.