Suicidio assistitito: "Rifarei ciò che ho fatto. Un medico deve stare col paziente fino alla fine"

Il professor Paolo Malacarne, ex primario di rianimazione, è stato il primo in Toscana a seguire la procedura secondo i protocolli attivati dall’Asl.

Suicidio assistitito: "Rifarei ciò che ho fatto. Un medico deve stare col paziente fino alla fine"

Suicidio assistitito: "Rifarei ciò che ho fatto. Un medico deve stare col paziente fino alla fine"

"Rifarei ciò che ho fatto. E’ doveroso per un medico, non abbandonare mai il paziente. Non lo si può accompagnare solo fino alla soglia, bisogna stare con lui fino alla fine, seguendo un rapporto di cura e fiducia. Se ci sarà bisogno nuovamente del mio intervento non mi sottrarrò. Il medico non può alzare le braccia". È il professor Paolo Malacarne,il primo medico toscano ad aver attuato il suicidio assistito, a parlarci così a margine dell’incontro "L’aiuto al suicidio come diritto?" alla Scuola Sant’Anna. Il professor Malacarne ha assistito un paziente terminale portandolo al suicidio medicalmente assistito dopo il placet di Regione e di Asl Nord Ovest che hanno regolamentato ciò che la Consulta aveva stabilito con la sentenza del 2019. Intanto, si apprende dal Comune che dal 2018 al 2023 sono 187 le donne che si sono iscritte nel registro per le disposizioni anticipate di trattamento, un registro sul testamento biologico e che evita ciò che una volta si chiamava accanimento terapeutico. I maschi iscritti in quel registro, si fermano a 113. "Dal punto di vista umano – riprende Malacarne –, è stato molto pesante ma l’ho ritenuto doveroso. Dal punto di vista professionale, c’è stata una grande esperienza di relazione". L’intervento di Malacarne alla Sant’Anna, si è incentrato sulla "formazione dell’aiutante al suicidio" ed in carenza di una legge nazionale, per lui, la formazione deve tener conto di due aspetti.

"Il primo - dice Malacarne – è il rapporto di fiducia e cura il malato. Non siamo cioè di fronte ad una prestazione occasionale. Ma poi c’è un secondo elemento perché non siamo più come 50 anni fa. Il rapporto di fiducia deve essere trilaterale e cioè medico-paziente e servizio sanitario nazionale. Se manca quest’ultimo, il rapporto è castrato". Malacarne è stato direttore dell’unità di rianimazione ed anestesia della Aoup e sempre sulla formazione del medico assistente o aiutante al fine vita, aggiunge: "Trovo che nella disciplina medica della rianimazione e dell’anestesia, si possa trovare terreno fertile di competenze. E questo per due motivi. In primis mi sono ritrovato spesso a dover decidere se interrompere o meno certi tipi di cure e ciò vuol dire avere una certa familiarità a prendere decisioni in questo senso. Dall’altra, c’è la competenza professionale di saper usare farmaci ed attrezzature adatti".

"La sentenza della Consulta che introduce il suicidio medicalmente assistito - ha osservato Malacarne - dice con chiarezza che il suicidio medicalmente assistito, è possibile soltanto dopo che il paziente ha avuto l’opportunità di accedere a un percorso di cure palliative e può arrivare dopo una valutazione espressa da una commissione del sistema sanitario nazionale che abbia valutato tutti questi aspetti". Il professor Emanuele Rossi della Sant’Anna, dice: "Va fatta capire la gravità della situazione giuridica normativa in cui ci troviamo. La Corte costituzionale ha depenalizzato l’aiuto al suicidio in determinate e specifiche circostanze ma ciò ha creato una situazione di empasse, di vuoto e questo vuoto richiede l’intervento del legislatore nazionale che per ora è assente. Si aprono problemi applicativi nelle varie regioni e differenze regolamentari. Di base sono i cittadini a chiedere che si faccia chiarezza ma dal parlamento non c’è alcuna risposta".

Carlo Venturini