di Ilaria Vallerini  "Siamo la cornice che sorregge la tela". E’ questa la metafora utilizzata da Rosella Iannuzzi, pisana, 45 anni, collaboratrice scolastica precaria dal 2020, per spiegare il ruolo di chi ogni giorno ha la responsabilità di mandare avanti una scuola. Una laurea magistrale in Scienze dei Beni culturali e voglia di fare, tanto da accettare qualsiasi convocazione. Fino all’ultimo incarico in una scuola elementare fuori città.  Posso chiederle quanto guadagna?  "Pochissimo. Il nostro stipendio è da fame: 1180 euro netti che bastano a malapena per fare la spesa, pagare le bollette e la benzina per raggiungere il posto di lavoro che si trova in campagna. Mi sento privilegiata perché non ho figli e vivo insieme al mio compagno nella sua casa di famiglia. Purtroppo però non tutti vivono la mia stessa situazione, c’è chi ha famiglia e non possono nemmeno immaginare i sacrifici specialmente in questo periodo storico di rincari su tutto. Non è paragonabile al costo della vita".  E rispetto al carico di lavoro? "No, se prendiamo come unità di misura la fatica e le responsabilità che ricadono sulle nostre spalle. In passato, ero una lavoratrice autonoma con partita Iva e quando pensavo agli statali mi dicevo ‘beati loro’, ora invece che sono una di loro mi rendo conto che il personale ‘Ata’ è il fanalino di coda degli statali. Purtroppo il nostro lavoro è sottovalutato per non parlare di...". Cosa? "Delle strutture scolastiche fatiscenti, carenza di personale, e sovraccarico di lavoro e straordinari. Noi ‘bidelli’, come ci chiamavano una volta, siamo sempre stati sottovalutati, invece dovremmo tornare ad essere protagonisti della scuola. Abbiamo dei compiti fondamentali: apriamo e chiudiamo i plessi, ci occupiamo della pulizia degli spazi e della sorveglianza degli studenti. Insomma, anche noi contiamo". Quindi cosa fare?  "L’aumento del salario deve essere una priorità, ma sicuramente anche le voci di cui parlavo sopra devono essere prese in considerazione con azioni che possano portare ad un miglioramento del sistema-scuola nel suo complesso. Per rendere il lavoro di tutto il personale scolastico più elastico e per migliorare sempre di più il servizio e non per ultimo, tutelare il diritto allo studio degli studenti".

Cronaca

di Ilaria Vallerini

"Siamo la cornice che sorregge la tela". E’ questa la metafora utilizzata da Rosella Iannuzzi, pisana, 45 anni, collaboratrice scolastica precaria dal 2020, per spiegare il ruolo di chi ogni giorno ha la responsabilità di mandare avanti una scuola. Una laurea magistrale in Scienze dei Beni culturali e voglia di fare, tanto da accettare qualsiasi convocazione. Fino all’ultimo incarico in una scuola elementare fuori città. 
Posso chiederle quanto guadagna? 
"Pochissimo. Il nostro stipendio è da fame: 1180 euro netti che bastano a malapena per fare la spesa, pagare le bollette e la benzina per raggiungere il posto di lavoro che si trova in campagna. Mi sento privilegiata perché non ho figli e vivo insieme al mio compagno nella sua casa di famiglia. Purtroppo però non tutti vivono la mia stessa situazione, c’è chi ha famiglia e non possono nemmeno immaginare i sacrifici specialmente in questo periodo storico di rincari su tutto. Non è paragonabile al costo della vita". 
E rispetto al carico di lavoro?
"No, se prendiamo come unità di misura la fatica e le responsabilità che ricadono sulle nostre spalle. In passato, ero una lavoratrice autonoma con partita Iva e quando pensavo agli statali mi dicevo ‘beati loro’, ora invece che sono una di loro mi rendo conto che il personale ‘Ata’ è il fanalino di coda degli statali. Purtroppo il nostro lavoro è sottovalutato per non parlare di...".
Cosa?
"Delle strutture scolastiche fatiscenti, carenza di personale, e sovraccarico di lavoro e straordinari. Noi ‘bidelli’, come ci chiamavano una volta, siamo sempre stati sottovalutati, invece dovremmo tornare ad essere protagonisti della scuola. Abbiamo dei compiti fondamentali: apriamo e chiudiamo i plessi, ci occupiamo della pulizia degli spazi e della sorveglianza degli studenti. Insomma, anche noi contiamo".
Quindi cosa fare? 
"L’aumento del salario deve essere una priorità, ma sicuramente anche le voci di cui parlavo sopra devono essere prese in considerazione con azioni che possano portare ad un miglioramento del sistema-scuola nel suo complesso. Per rendere il lavoro di tutto il personale scolastico più elastico e per migliorare sempre di più il servizio e non per ultimo, tutelare il diritto allo studio degli studenti".

"Stipendio da fame  e tante responsabilità"    

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