"L'arma puntata contro di me": il nostro cronista in mezzo agli spari /VIDEO/FOTO

Il racconto dei drammatici momenti dei colpi di pistola esplosi nel quartiere del Cep a Pisa. "Sangue dappertutto"

Spari al Cep di Pisa, uno dei feriti (Valtriani)

Spari al Cep di Pisa, uno dei feriti (Valtriani)

Pisa, 10 febbraio 2018 - Una mattinata tranquilla, poi gli spari e le urla. Mi trovo nel quartiere Cep per svolgere un servizio per La Nazione e, avendo finito prima del previsto, decido di andare al Bimbo bar per prendere un caffè e poi rientrare. Quando arrivo lì noto una bella moto da cross bianca e celeste parcheggiata sulla strada, con un casco nero poggiato sulla sella. Ordino il caffè e, mentre lo sorseggio, vedo quattro ragazzi che conosco attraversare la strada e avvicinarsi alla moto, alla quale stava armeggiando quello che immagino essere il proprietario. 

I giovani discutono con il proprietario della moto, poi si spostano di qualche metro, uscendo dalla mia visuale. A quel punto sento alcuni colpi. Nel bar ci guardiamo allibiti e qualcuno esclama ad alta voce: «Tirano dei petardi?!». Quando mi volto nuovamente verso la strada vedo il motociclista correre verso la galleria che si apre di fronte alle vetrate del locale. Il gruppetto di ragazzi lo insegue, ma con un passo incerto, come fossero spaventati da qualcosa. Lo indicano e gridano: «E’ una scacciacani». 

Noto che nelle mani di quello che viene inseguito luccica una piccola pistola, di quelle che si vedono nei film western, talmente piccola da poter essere nascosta in una manica. Il giovane la punta anche verso di me. Tra di noi la vetrata del bar. Istintivamente mi abbasso. Nessuno sparo, anzi, il giovane continua ad agitare l’arma e poi corre via mentre gli altri desistono e se ne vanno.  Uno di loro,  passando di fianco alla moto, prende il casco che si trova ancora appoggiato sulla sella. Attraversano la strada e si fermano al bar Caffè Tirreno, proprio di fronte al locale in cui mi trovo io. Incuriosito vado a parlare con quelli che conosco e mi spiegano che erano andati a chiedere al motociclista di smettere di fare acrobazie con la moto nelle strade del Cep, sia perché gli abitanti si sono lamentati, sia perché è pericoloso. Chiedo loro dell’arma e mi raccontano che, dopo il rimprovero, il centauro – conosciuto in zona come «il Sardo» – ha estratto una scacciacani per spaventarli, esplodendo alcuni colpi. 

Intanto, un amico del motociclista è venuto a prendere il mezzo. Sale in sella e scompare tra i palazzi. Sono passati circa cinque minuti dalla scena della scacciacani, quando uno dei quattro ragazzi dice che in realtà è rimasto ferito: «Era una pistola a piombini, mi ha graffiato», conferma mostrando a tutti la sbucciatura all’altezza del bacino. Penso che la situazione si sia calmata e chiamo al telefono la redazione de La Nazione, sono le 11.26, quando sento un nuovo sparo, questa volta molto più forte dei precedenti. Mi giro di scatto e vedo «il Sardo» in piedi, a un paio di metri dal gruppo di ragazzi con i quali stavo parlando fino a un attimo prima. In mano ha una pistola nera, molto più grande di quella che brandiva in precedenza. Spara quasi a casaccio sei o sette volte. «Ridatemi il casco», grida tra un colpo e quello successivo. E’ il panico. Qualcuno cade a terra, raggiunto dai proiettili. C’è chi grida e chi cerca rifugio dentro il bar. Io mi riparo dietro l’angolo dell’edificio per chiamare soccorsi. Quando mi affaccio di nuovo il sangue è ovunque e del ragazzo con la pistola nessuna traccia. 

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