Simula un rapimento dopo il brutto voto in classe

Racconto choc al nonno: "Sono fuggito da due malviventi". Ore di indagini e ansia. Poi la scoperta

Polizia in azione (foto di repertorio Attalmi)

Polizia in azione (foto di repertorio Attalmi)

Pisa, 11 ottobre 2019 - La paura dell’insuccesso, il timore del giudizio di chi ti ama e la vergogna di non essere all’altezza delle aspettative: il mondo crolla addosso dopo un brutto voto a scuola. E a dodici anni è una valanga nera che sembra inarrestabile: una montagna troppo alta da scalare. Allora meglio fuggire. Tutta colpa di un «cinque» rimediato in classe – ad compito o ad una interrogazione, è ben poca la differenza –: un giudizio parso tanto grave al 12enne che per scappare al (possibile) rimprovero si è inventato un rocambolesco rapimento sotto casa, nella tranquilla periferia della città. Un racconto tanto dettagliato da mobilitare per ore le forze di polizia in un clima di ansia.  

Andiamo con ordine. L’allarme scatta intorno alle 14 quando il 12enne, sconvolto e in lacrime, narra quei minuti di terrore alla famiglia. Un racconto poi confermato anche alla polizia che per l’intero il pomeriggio ha interrogato vicini, parenti e svolto minuziosi accertamenti. Il ragazzino è appena uscito da scuola e si reca, col nonno, verso la casa di quest’ultimo. Ma prima di salire nell’abitazione la sua attenzione è richiamata da un gattino che sta scendendo nel tunnel della corsia dei garage. Qui, ad attenderlo, nel buio più totale vi sono due misteriosi giovani. Gli coprono la bocca con una mano poi lo costringono ad uscire dall’altra parte della «galleria» per farlo salire con la forza su un’auto scura. I rapitori restano muti e corrono per diversi chilometri fino a quando raggiungono il ponte delle Bocchette. Qui accade un ulteriore insolito evento: i banditi notano un secondo ragazzino a piedi, sta parlando al telefono. Fermano l’auto, scendono e provano a catturare anche lui. Il 12enne – ormai rimasto da solo in auto –, sfrutta l’occasione: abbassa il finestrino, apre lo sportello chiuso dalla sicura e scappa. Provano ad inseguirlo, ma lui è più veloce. Torna a casa dal nonno e racconta tutto. I rapitori? Giovani, uno dalla carnagione olivastra. Impossibile risalire alla nazionalità: «non hanno mai parlato». La famiglia è sconvolta. Non solo loro.  

L’allarme è massimo. La polizia corre sul posto con due Volanti e la Squadra Mobile avvia le indagini. Ma più passano i minuti meno quel racconto viene ritenuto credibile. Troppi elementi non quadrano. In primis l’auto scura che secondo il ragazzo era parcheggiata nel piazzale esterno, quando – in realtà – quel parcheggio era già occupato dalla mattina da un’altra vettura. E ancora, viene ritenuto poco probabile il comportamento dei rapitori: perché avrebbero dovuto fermarsi per rapire una seconda vittima proprio sul Ponte delle Bocchette in un’ora di punta? Come è possibile che nessuno si sia accorto di un inseguimento fra un bambino e due adulti nel bel mezzo del traffico? Troppe contraddizioni.  

E allora torniamo esattamente da dove siamo partiti. Se quel racconto è inventato significa che deve coprire un disagio. Così si scopre di quel cinque a scienze tanto insignificante – quando poi lo ripensi da adulto – ma altrettanto duro da digerire per chi nella scuola ha la sua vita. Così, nella sua mente da bambino forse è stato più facile raccontare di un rapimento che ammettere una (legittima) difficoltà. Chi d’altrode non ricorda quali spettri popolano il cuore di un adolescente?  

Saverio Bargagna Antonietta Petrone