Roberta Ragusa, 6 anni di colpi di scena e false piste. Udienza fiume per il marito

Mercoledì 28 marzo il marito Antonio davanti alla giuria popolare di Firenze

Antonio Logli, marito di Roberta

Antonio Logli, marito di Roberta

Pisa, 27 marzo 2018 - Nessuno ha più visto quegli occhi grandi e azzurri di una donna ancora giovane e bella. Uno sguardo dolce, così si è percepito dall’esterno e così lo hanno descritto cugine e amiche in questi anni di mistero. Sulla sua fine si è interrogato tutto il Paese che ha seguito la storia di Roberta Ragusa, all’epoca 43 anni, finita come in un buco nero quella notte fra il 13 e il 14 gennaio di sei anni fa, la stessa segnata dalla tragedia della Costa Concordia. Per la Procura pisana, la mamma di Gello è stata uccisa dal marito Antonio Logli, per lui stesso e la sua difesa, l’imprenditrice si è invece allontanata volontariamente da casa. «Roberta è viva», avevano detto da subito i suoi legali e lo hanno ripetuto alla fine dell’udienza davanti al gup Elsa Iadaresta, a febbraio 2016, che poi aveva condannato il 55enne dipendente comunale a 20 anni per omicidio volontario e distruzione di cadavere della moglie. Domani, nel capoluogo toscano, una nuova tappa di questo caso. «Lui - spiegano i suoi legali Roberto Cavani e Saverio Sergiampietri - ci sarà». Con il suo sguardo impenetrabile. Come lo è stato il suo silenzio in questi anni. Spera di «essere assolto», le parole sussurrate al termine del suo primo giorno del nuovo lavoro al Comune di San Giuliano, ottenuto dopo aver vinto un lungo contenzioso con l’ente. Una speranza che sarebbe condivisa con il figlio più grande della coppia, Daniele, che ha trasmesso alla corte di assise d’appello una memoria tramite il suo avvocato Beatrice Vestri. Suo padre ha sempre sostenuto di essere rimasto in camera da letto, in via Dini, dalle 24 alle 6.45 del mattino.

Un'inchiesta lunga condensata in 12mila pagine: l’indagine è stata condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri e coordinata dal sostituto procuratore Aldo Mantovani. Che molto si basa sulla ricostruzione del rapporto finito fra marito e moglie. Un legame sottile e che a gennaio 2012 sarebbe stato definitivamente distrutto. Proprio fra il 13 e il 14, Roberta avrebbe scoperto l’identità della donna con cui il marito, di cui sospettava il tradimento, aveva una relazione, Sara Calzolaio, la loro ex baby sitter e segretaria dell’autoscuola di famiglia. Da qui – l’ipotesi degli investigatori – tra i due coniugi sarebbe scoppiata una lite violenta, poi Roberta sarebbe uscita di casa in pigiama, Logli l’avrebbe inseguita e, proprio nella vicina via Gigli, nonostante la resistenza e le urla di lei, l’avrebbe costretta a salire in macchina dove avrebbe battuto la testa. In questa fase subentra il racconto del giostraio e vicino di casa Gozi (uno dei due testimoni chiave per la tesi accusatoria) che afferma di aver visto l’impiegato litigare con una donna. Subito dopo, ci sarebbe stato il delitto. Ma restano nell’ombra due passaggi fondamentali su cui la stessa difesa può insistere: non è chiaro il modo in cui l’imprenditrice sarebbe stata uccisa, né come sarebbe stato soppresso il suo corpo. La difesa - nelle cento pagine del ricorso - punta invece proprio sulla scarsa attendibilità dei testimoni Silvana Piampiani e Loris Gozi. I loro racconti sarebbero tardivi e contraddittori. Tante le segnalazioni, soprattutto all’inizio, di presunti ritrovamenti, lettere anonime e posti indicati nei quali cercare il cadavere della mamma di Gello. Ma nessuno ha poi portato a una svolta.

Domani, a Firenze, la vicenda sarà ripercorsa davanti allo sguardo attento e inevitabilmente influenzato della giuria popolare che questi anni ha assistito a un processo, su tutti i media, e quindi anche fuori dalle aule di giustizia. Una lunga giornata: se non sarà sufficiente una sola udienza, è già pronta la data del rinvio, il 14 maggio.