"Percosse e nonnismo Così morì Lele Scieri"

La polizia giudiziaria racconta le ultime ore di vita dell’allievo parà: "Subì la ‘bicicletta’ una scarica di pugni a torso nudo. Decisivo il super testimone"

Migration

di Antonia Casini

PISA

Una lunghissima udienza per ricostruire le ultime ore di vita (a Pisa) di Emanuele Scieri e la sua morte. E’ cominciato il racconto dei testimoni dell’accusa in Corte d’Assise (presidente Dani, a latere Zucconi) davanti alle telecamere della trasmissione tv "Un giorno in pretura": le riprese andranno in onda a processo concluso. Il sostituto commissario Vitantonio Sansò della mobile di Firenze risponde per primo alle domande. Con un controesame articolato di oltre un’ora anche da parte delle difese. Racconta le nuove indagini e le ipotesi dell’inchiesta bis pisana sul decesso dell’allievo parà, trovato senza vita il 16 agosto del 1999 nella caserma Gamerra. La prima era stata archiviata. Adesso a processo per omicidio volontario ci sono due ex caporali, i nomi, Luigi Zabara (difeso dagli avvocati Di Giuliomaria e Schettini) e Alessandro Panella, tutelato da Andrea Cariello, (il terzo Andrea Antico assolto in primo grado, ma è stato già presentato l’appello), ricorrono spesso.

Il 26enne era arrivato da Firenze alla Gamerra in tarda mattinata con altri 69 colleghi di scaglione con cui aveva completato il periodo di addestramento. Sul pullman - si dice - c’erano già stati episodi di nonnismo (con l’imposizione della "sfinge", non appoggiare la schiena). "Nel 1998, a seguito dei tanti episodi – spiega Sansò illustrando il clima – fu istituito un osservatorio: furono registrati 268 casi con oltre 300 militari vittime. Qualcosa non andava. Tanto che nel 2000 si decise revocare la leva". Nel 2015 nacque la commissione parlamentare d’inchiesta con 21 componenti bipartisan. Da qui la riapertura del caso con il procuratore capo Alessandro Crini e il sostituto Sisto Restuccia. Si riparte da capo, dai vecchi e nuovi risultati. "Tutti i militari avevano negato gli atti di nonnismo. Ma Paolo Venuti aveva fornito spunti importanti" sul tema. Ed erano spuntati alcuni nomi tra cui quelli di Zabara e Antico che erano già emersi in passato". La morte del 27enne era legata a queste pratiche? "Alcune ferite non erano compatibili con la caduta, come quelle alle nocche delle mani e al piede sinistro, la calza è stracciata in quel punto, la scarpa era a 4 metri di distanza dal corpo". E poi c’erano quei "sassolini incastonati nella pelle". Quei segni dovevano essere avvenuti prima del ‘volo’. Il ragazzo fu trovato sotto a un tavolo con la "maglietta bianca alzata fino a metà torace". "Era in uso la pratica della ‘bicicletta’, una scarica di pugni sul torso". Tra le testimonianze importanti, quella di Catarcia che denunciò un fatto simile avvenuto a luglio 1999 all’interno della "terza compagnia. Per atti similari furono sanzionati Panella e Zabara, puniti a livello amministrativo con giorni di rigore". Per gli inquirenti, Lele salì sulla scala per fuggire (l’unica via in quel momento) alle vessazione dei tre individuati, prima era stato fatto spogliare ed era stato picchiato. "Si arrampicò dall’esterno: c’erano infatti anelli di copertura intorno. E’ come se qualcuno lo avesse seguito". Il tavolo - secondo l’accusa - fu messo dopo per occultare il cadavere. Chi poteva essere il responsabile? Sono state seguite altre piste. Quel giorno i militari erano circa 200. Quali i più violenti? Due i testimoni chiave: Catarcia, appunto, e Meucci, "un militare arrivato a luglio che denunciò di aver subito atti di nonnismo sempre nella terza compagnia". La procura militare incolpò "Zabara, Antico e Panella, ma si procedette solo amministrativamente". Le intercettazioni, telefoniche e ambientali e il riscontro sulle presenze quella sera. Fondamentale, anche qui, il test Meucci. E l’ultima persona che vide in vita Emanuele alle 22.15 circa, disse che avrebbe dovuto fare una telefonata, mai fatta. "Panella aveva un’avversione per l’uso del telefono. Anche se era legittimo". Al contrappello delle 23.45 fu segnato assente.