Incassa la pensione della madre morta. Figlia condannata a un anno e 10 mesi

La donna è deceduta nel 2007. La cifra contestata è di 150mila euro

Controlli sulle pensioni vengono fatti regolarmente dall’Inps e della guardia di finanza (foto di repertorio)

Controlli sulle pensioni vengono fatti regolarmente dall’Inps e della guardia di finanza (foto di repertorio)

Pisa, 14 giugno 2018 - Non è stato possibile uscire dall’accusa, scritta sulle carte delle indagini e frutto di controlli incrociati e capillari: Serena Giovannetti, 50 anni, originaria di Vecchiano, è stata riconosciuta colpevole di aver riscosso per nove anni la pensione della mamma quando questa era già deceduta. Così il collegio del tribunale di Pisa (presidente Beatrice Dani, a latere Idaresta e Grieco), all’esito dell’istruttoria dibattimentale e della discussione, l’ha condannata ad un anno e 10 mesi di reclusione (pena sospesa). La donna, infatti, era finita in tribunale a Pisa per rispondere del reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Queste erogazioni, appunto, altro non erano – secondo il teorema della Procura di Pisa – che le tre pensioni di cui la madre era titolare e per le quali aveva disposto il loro accredito su un libretto postale finito così sotto la lente. La donna, titolare dei rapporti pensionistici – quando sono scattate le indagini – era però risultata deceduta nel 2007. Deceduta, però, non per lo Stato che ha continuato a pagare le pensione. Infatti, secondo quanto è stato contestato alla figlia della pensionata le pensioni avrebbero continuato ad essere accreditate fino al 2015.

A mettere in moto la macchina degli accertamenti e poi della giustizia nei confronti della donna sono state appunto le risultanze di controlli mirati, peraltro ordinari e periodici, per capire lo stato della situazione delle pensioni, a partire dal riscontro in vita dei titolari. E qui viene il punto di questa storia: la mamma della signora non c’è più, ma le pensioni hanno continuato ad arrivare sul libretto.

Importante la cifra finale che si aggirerebbe sui 150mila euro. Cifra che la donna dovrebbe restituire e che – come dice il suo legale Franco Mugnai – si è detta disponibile a farlo: ma le sue condizioni economiche non glielo consentono. Il reato in questione, per assenza del comportamento fraudolento in aggiunta al mero silenzio, sanziona la condotta di colui che ometta – come nel caso di specie, di comunicare all’istituto erogante il trattamento pensionistico, il decesso del congiunto titolare dello stesso, così continuando a percepirlo indebitamente. Un processo sostanzialmente veloce in quanto con accordo delle parti – ha sostenuto l’accusa il pubblico ministero Sisto Restuccia – è stato acquisito il fascicolo sulla vicenda. L’imputata è stata difesa con determinazione dall’avvocato Mugnai che ha fatto emergere anche il quadro personale dell’impuntata all’interno del contesto evidente della vicenda sia per la Procura che per il tribunale: anche per questo la pena è rimasta sotto i due anni e il tribunale ha concesso tutti i benefici di legge.