Pisa, 14 marzo 2024 – La storia d’amore fra due donne naufraga in mezzo alle carte bollate. Gli ultimi atti di quella relazione diventata turbolenta arrivano nell’aula penale. Protagonista una coppia del Pisano. Quando le cose iniziano a non andare – secondo l’accusa – la più grande alza la voce e le mani.
E l’altra, dopo essere ricorsa alle cure mediche, sporge querela. Ieri, sui fatti, è stato celebrato il processo per maltrattamenti in famiglia e lesioni con rito abbreviato dove l’imputata (assistita dall’avvocato Barbara Druda) è stata condanna dal gup di Pisa a un anno e mezzo di reclusione, riconosciute le attenuti generiche e con la sospensione condizionale della pena subordinata all’adesione ad un piano di recupero ad hoc. Il pubblico ministero Miriam Pamela Romano aveva chiesto la condanna a 2 anni.
Ma cosa sarebbe accaduto? Aggressioni fisiche e verbali. I fatti contestati vanno dal 2021 al 2023: in una circostanza – si apprende – l’imputata avrebbe preso a testate la compagna e poi le avrebbe danneggiato la macchina con calci e pugni. Ma non solo schiaffoni: anche morsi alla braccia e lividi. In un’altra circostanza – è emerso – si arrampicò dal terrazzo, s’introdusse in casa per aggredirla e spaventarla; invece un giorno che la coppia era in macchina, l’imputata avrebbe costretto la compagna a scendere per abbandonarla lungo la strada.
Tutto questo condito anche da minacce di morte fra strattonamenti e schiaffi. Così è arrivata la querela. E lei, l’imputata, quando seppe che la ex si era rivolta alla polizia per denunciarla, le inviò – stando sempre all’accusa – una serie di messaggi sul cellulare pieni di offese e di minacce di future ritorsioni.
La difesa ha sostenuto l’insussistenza del delitto di maltrattamenti per mancanza degli elementi costitutivi: "trattandosi di un contesto di forte litigiosità – ha sottolineato il legale – dovuto al carattere di entrambe le parti; mancherebbero sia il regime di vita vessatorio tipico dei maltrattamenti sia la volontà di sottoporre la persona offesa a una condizione di soggezione psicologica". L’avvocato Druda ha sostenuto anche l’insussistenza delle lesioni perché, "data la reciprocità delle percosse (anche l’imputata talvolta presentava segni di escoriazioni) non è possibile sapere chi delle due abbia agito per offendere e chi, invece, per difendersi". Il caso potrebbe finire in appello.
Carlo Baroni