L’uomo delle onde colpisce ancora: debutta la sua rete ‘scaccia-meduse’

Bagno senza fastidi: ecco l’idea dell’imprenditore Michele Grassi

A PROVA DI PUNTURA La recinzione permette un bagno in mare senza essere ustionati dalle meduse

A PROVA DI PUNTURA La recinzione permette un bagno in mare senza essere ustionati dalle meduse

Pisa, 11 agosto 2018 - Il nome è australiano, la paternità pisana. E’ la rete antimeduse «Stingerbend» brevettata dalla «Elements Works» di Michele Grassi, impreditore-inventore (membro della presidenza Area Pisana della Cna) conosciuto per la macchina delle onde acquisita da Enel Green Power che è immersa nelle acque di Marina. Un prodotto, quest’ultimo, della società «40 South Energy», di cui Grassi è amministratore delegato – che ha sede a Londra e a Ospedaletto. Poi ci sono, appunto, le reti anti-meduse, alro fronte di ricerca. Reti che stanno già respingendo l’invasione ai bagni Rex di Livorno e, in Versilia, al bagno Giancarlo. Due società, due progetti, un solo ‘cervello’ con tanto di laurea alla Normale in matematica, dottorato alla Ucla di Los Angeles e studi a Oxford.

Quando è nata l’idea della rete?

«Circa un anno anno e mezzo fa. Il nome viene dalla parola stinger con cui gli australiano chiamano le meduse. Un’idea semplice e alla portata di tutti. Non si pesca o cattura nulla, viene creata una sorta di piscina in mare a ridosso della riva in cui le meduse non possono entrare».

Come è fatta la rete?

«Ha maglie più fitte rispetto alle reti da pesca, questo perchè alcune meduse sono veramente piccole. Stiamo parlando di maglie di 10 millimetri. Il materiale, però, è il medesimo. E’ prodotta in moduli di dieci metri e si adatta a qualsiasi fondo, sabbioso o roccioso. Funziona, infatti, ‘a fisarmonica’, si estende e si accorcia seguendo le variazioni della sabbia. E, cosa fondamentale: è facile da montare e rimuovere. Non servono subacquei. Basta il bagnino».

Come viene ancorata?

«Ci sono due punti di ormeggio a terra, si scava mezzo metro sotto la sabbia come per un ombrellone. Lato mare i punti di ormeggio sono fatti con i corpi morti che si usano anche per i gonfiabili. Può essere rimossa prima di una libecciata e riposizionata senza sforzo».

Quanto costa?

«Cento euro al metro lineare. Per 30 metri – che è la dimensione ideale – non si spende più di 3mila euro».

La macchina che produce energia dalle onde, invece, a che punto è?

«A novembre 2016 è sta acquistata da Enel Green Power ma noi possiamo comunque utilizzarla per le attività di ricerca e sviluppo. E’ installata nelle acque di Marina, ha una capacità di 50kW ed è stata collegata alla rete elettrica. Nei giorni scorsi è stata conclusa una fase di aggiornamento ed è pronta a ripartire. Aspettiamo il via libera della Capitaneria di porto. Ma siamo attivi in più punti...».

Per esempio?

«Ci occupiamo di effettuare batimetrie di superficie. A Livorno stiamo installato una boa oceanografica a Calafuria in sinergia con un’azienda che lavora all’Interporto per monitorare le condizioni ambientali e creare anche un punto diving. A largo dell’Elba abbiamo invece lavorato su un sistema di coltivazione subacquea (brevettato) che fa parte di un progetto pilota per conto di Asa SpA. Il sistema serve, ad esempio, a impiantare la Posidonia Oceanica in punti dove può servire per combattere l’erosione».