Medicina Test d’ingresso da abolire

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Donatella

Spadi*

La grande carenza di medici in Italia, soprattutto in certe specializzazioni, è un problema strutturale e di programmazione, che deriva dalle scelte nazionali fatte negli ultimi venti anni, che non hanno garantito un adeguato ricambio generazionale rispetto ai pensionamenti. Questo porta a dover affrontare, oggi, una serie di conseguenze, come la contrazione dei servizi, specie nelle zone più periferiche, e gli organici sottodimensionati negli ospedali, che sottopongono i professionisti ad un lavoro, in forte condizione di stress, soprattutto nell’emergenza urgenza, dove si stima che manchino 4500 medici, a livello nazionale.

La Regione Toscana ha affrontato il problema incrementando i contratti di formazione specialistica post laurea, attivando quest’anno due nuovi concorsi per assumere medici di Medicina d’urgenza e Medicina interna e riaprendo le iscrizioni ai corsi Deu per l’emergenza sanitaria territoriale.

Ma non c’è dubbio che la questione debba essere gestita a livello nazionale in una prospettiva di lungo periodo, per creare le condizioni affinché nei prossimi anni la carenza dei medici sia gradualmente superata.

Credo che la soluzione debba anche passare da una rivisitazione del numero chiuso alla facoltà di Medicina. I test di ammissione, così come sono, non rappresentano a mio avviso lo strumento più idoneo per scegliere quali saranno i medici di domani, ma solo uno sbarramento iniziale, nato in un’epoca in cui c’era la necessità di ridurre il numero di studenti in medicina, perché troppo elevato rispetto ai posti di lavoro disponibili. Penso che la selezione debba avvenire per merito durante il percorso di studi.

*Consigliera regionale Pd

e medico

Grosseto