Mascherine fashion: un maxi-giro di falsi

Le indagini a Calcinaia e Ponsacco portano in una fabbrica del Nord Italia. Commercializzati dispositivi con certificazioni fasulle

Mascherine fashion: un maxi-giro di falsi

Mascherine fashion: un maxi-giro di falsi

PONSACCO

di Carlo Baroni

La macchina del falso e del commercio illegale non si ferma neanche sotto la pandemia. Fashion ma tarocche. Sono le mascherine scoperte dalla Guardia di Finanza di Pisa e attribuite a griffe, che peraltro non hanno nelle collezioni moda questi dispositivi. Ma anche mascherine non "firmate" e commercializzate con certificazioni false, dopo che l’Istituto Superiore di Sanità non aveva dato il via libera al prodotto. Tutta l’indagine – denominata Burlamask – che ha portato a scoprire nel nord Italia un centrale di produzione è partita dalla Valdera. Due indagini sinergiche hanno permesso di smantellare il giro partendo da due punti di commercializzazione, uno a Ponsacco, si apprende, e uno a Calcinaia. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Pisa – seguita dai pubblici ministeri Flavia Alemi ed Egidio Celano – , hanno avuto origine a seguito di un controllo in una sartoria successivamente sviluppatesi risalendo l’intera filiera, fino ad accertare la responsabilità di diverse aziende in tutta Italia.

Ora ci sono 14 indagati, a vario titolo, per i reati di contraffazione, commercio di prodotti con marchi falsi, frode in commercio e frode nelle pubbliche forniture. Dall’esame dei documenti in possesso del negozio, i finanzieri sono riusciti a ricostruire le diverse fasi, risalendo ai grossisti di Ancona, Bologna, Prato e Napoli. Le perquisizioni in queste società, tutte operanti nel settore tessile, hanno consentito di rinvenire centinaia di rotoli di stoffa marcata Louis Vuitton, Chanel, Fendi e Gucci, ma anche i campionari utilizzati dai rappresentanti per proporre i prodotti contraffatti ai negozi dell’intera penisola.

Dai rivenditori è stato possibile risalire alla società lombarda che, invece, produceva la stoffa utilizzata per le mascherine "fashion”", nei cui magazzini sono stati sequestrati complessivamente 3.500 metri quadri di tessuto che, una volta utilizzato nel circuito produttivo, sarebbe servito per confezionare oltre 120mila dispositivi di protezione. Per interrompere la catena del falso, è stata sottoposta a sequestro anche l’intera linea di produzione, un macchinario tessile industriale appositamente modificato per riprodurre le griffe false. Nelle attività investigative è stata coinvolta anche un’altra società della Valdera che, in piena emergenza sanitaria e contro il parere dell’Istituto Superiore della Sanità ha prodotto e venduto mascherine generiche che, corredate di certificati falsi, aveva spacciato per dispositivi medici, in alcuni casi forniti anche a enti pubblici.

L’esame dei documenti acquisiti ha permesso di ricostruire il volume delle vendite illecite dei prodotti che, solo nel periodo del lockdown dello scorso anno, ha fruttato oltre 300mila euro. Durante le operazioni di perquisizione sono stati rinvenuti nel deposito e sottoposte a sequestro circa 450mila mascherine e 200mila certificati falsi che ne attestavano l’utilizzabilità quali mascherine chirurgiche.

Sono state eseguite 12 perquisizioni nelle province di Pisa, Prato, Ancona, Bologna, Napoli e Lecco.