La sfinge, la telefonata e il ritrovamento

Caso Scieri, ascoltati altri testimoni. "L’ufficio da cui partì la chiamata quella notte era accessibile a chiunque". Prossima udienza il 17

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La posizione della sfinge, le intercettazioni, la telefonata e il ritrovamento. Un altro passaggio del processo per la morte di Lele Scieri (nella foto) davanti alla Corte d’assise, imputati sono due ex caporali Panella e Zabara, difesi dagli avvocati Cariello, Di Giuliomaria e Schettini (il terzo è stato assolto ma la Procura ha già presentato appello). Assolti, in abbreviato, anche gli ufficiali ritenuti responsabili di favoreggiamento: l’ex comandante della Folgore, il generale Enrico Celentano (tutelato dal penalista Francesco Virgone), e l’ex aiutante maggiore Salvatore Romondia (seguito dall’avvocato Barbara Druda del foro di Pisa).

Si ripercorre di nuovo quella notte del 13 agosto 1999 quando Emanuele perse la vita per mano di atti violenti, secondo l’accusa, botte e prevaricazioni legate alla pratica del nonnismo.

Sentito il carabiniere in servizio che ricorda quando fu scoperto il corpo e recintò l’area "C’è un morto", le grida di allora. La domanda di fondo, però, è sempre la stessa: i vertici erano consapevoli di quanto era accaduto? In aula il procuratore Alessandro Crini con il sostituto Sisto Restuccia e la difesa della famiglia Scieri con gli avvocati Ivan Albo e Alessandra Furnari.

Uno dei punti affrontati è a chi fosse accessibile l’ufficio dal quale, il giorno del ritrovamento (il 16 agosto), "partì la telefonata alle 15.35 a casa di Panella". "Era accessibile a tutti", la risposta. Poi, la posizione della sfinge imposta agli allievi nell’autobus che portò Lele da Firenze a Pisa. "Un fatto di tradizione". Si torna in Tribunale il 17 settembre per ascoltare altri testimoni.