Dista meno di 200 metri la chiesa di San Frediano, dal luogo dove venerdì mattina la polizia ha caricato un centinaio di studenti. Quella mattina il gracchiare dei megafoni, le sirene della polizia e gli slogan urlati contro quei manganelli macchiati di sangue, si udivano fin dall’interno delle mura della chiesa dove il parroco e cappellano universitario della chiesa di San Fredian
Giuseppe Trotta, educa alla non violenza e al dialogo.
Parroco, qual è stata la sua prima reazione?
"Pensare che a due passi da questo luogo frequentato da giovani si sia verificato un episodio così grave mi ha coinvolto emotivamente anche perché conosciamo alcuni dei ragazzi picchiati. Come educatore mi sento umiliato e offeso".
Come mai?
"Lo Stato è spaccato in due. Da una parte attraverso la scuola accompagna e educa i ragazzi, al rispetto, alla non violenza e all’ascolto. Dall’altro lo stesso Stato li ha picchiati per impedire che facciano qualcosa di illegale, ammesso che qualcosa di illegale ci fosse".
Di chi sono le responsabilite?
"Del mondo adulto, di chi governa e delle istituzioni che usano due pesi e due misure, alla fine permane un sentimento generale di sfiducia"
Lei è un educatore, come hanno preso la notizia i suoi ragazzi?
"C’è una assoluta e generale condanna e rifiuto della violenza. Poi le strade si dividono tra chi sostiene che ci siano state delle provocazioni che andavano evitate e chi non fa distinguo e davanti alla violenza condanna. Io condivido quest’ultima posizione".
Secondo lei cosa è successo?
"Nel momento in cui si decide di mandare la polizia in quel modo, vuol dire che si è già deciso di usare la forza contro dei minorenni. C’era bisogno di parlare, di discutere, anch’io mica sono sempre d’accordo con loro, ma nel momento in cui vengono picchiati si sta senza dubbio dalla loro parte. Anche io ero in piazza venerdì e sabato".
Secondo lei, il dissenso non è accettato?
"Il Governo è responsabile di creare un Paese che sa vivere nei conflitti e nelle tensioni e si prende cura in modo collaborativo dei giovani. C’è chi pensa di usare forme autoritarie in termini anche educativi. A me sembra evidente che un certo mondo politico risponde a queste scelte: mandare la polizia è una scelta politica. In questo momento la preoccupazione è che questa deriva autoritaria si stia diffondendo, siamo insicuri e a fronte di questa incertezza c’è desiderio di ordine".
Si parla di crisi dei giovani, ma forse…
"La crisi è del mondo degli adulti, lo sforzo per comprendere lo dobbiamo fare noi. I ragazzi sono in formazione e in crescita. Cosa ci aspettiamo da loro, come vogliamo favorire la loro crescita, certe dichiarazioni fanno pensare che si voglia tornare alla scuola autoritaria fatta di punizioni. Il gesto di venerdì è stato eclatante perché picchiare i minori significa veramente toccare il fondo. I poliziotti, nei video erano come se avessero sfogato tutta la loro frustrazione e rabbia contro quei ragazzi".