
PISA
Trentaquattro anni, da nove sacerdote e da cinque segretario dell’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto. Don Salvatore Glorioso è uno dei sempre meno numerosi giovani che, oggi, hanno il coraggio di fare scelte, si direbbe, controcorrente. Un giovane su cui la Chiesa pisana ha investito molto, per testimoniare la sua missione e per dire alle persone che c’è e che non bisogna aver paura. Nel pieno della crisi delle vocazioni, da giovane sacerdote (è parroco di San Michele in Borgo) e responsabile della pastorale giovanile e vocazionale, don Salvatore oltre a supportare l’arcivescovo, aiuta e consiglia i giovani che oggi si sentono vocati alla vita sacerdotale ma non hanno ancora deciso se entrare in seminario.
Don Salvatore, da geometra a segretario dell’arcivescovo, cosa è successo?
"Ho trovato la risposta alla domanda che tutti ci facciamo: qual è il mio posto nel mondo? Sono cresciuto nella parrocchia di Santo Stefano, a Porta a Lucca. Mi sono diplomato al geometra e a 19 anni stavo facendo il tirocinio per arrivare a esercitare la professione. Ma ogni sera, mentre rincasavo da solo guidando l’auto di mia madre, mi dicevo: ma questo non è il mio posto".
Così è entrato in seminario. La sua famiglia se lo aspettava?
"No, all’inizio è stato un colpo. Io sono sempre stato molto mite e nessuno si aspettava una scelta così radicale. Facevo il catechista, l’animatore per i ragazzi, la parrocchia per me è stato il luogo di cura e di custodia della mia vocazione. Ero innamorato della parrocchia. Ma non avevo mai dato segnali nel senso della vocazione".
Come ha capito che quella era la sua strada?
"Grazie alla parrocchia e alla testimonianza dei bravi sacerdoti che mi hanno accompagnato, come don Luigi e don Francesco, a Porta a Lucca".
Lei è un esempio del fatto che la chiesa investe sui giovani.
"Sì. Sono molto grato all’arcivescovo Benotto che subito dopo la laurea mi ha mandato a perfezionarmi a Roma alla Gregoriana. Rientrato a Pisa, per alcuni mesi sono stato viceparroco a San Giusto, nella chiesa di San Cosma e Damiano e poi segretario dell’arcivescovo".
Che tipo di impegno è per un giovane di 34 anni?
"E’ una fortuna, perché imparo e conosco molte cose e molte persone. Vuol dire prendersi cura del mondo delle relazioni dell’arcivescovo, che chiunque possa avere la possibilità di incontrarlo, organizzare la sua agenda, accompagnarlo a celebrazioni, incontri e riunioni con preti e laici di diversi vicariati della diocesi. Non nascondo però che mi manca spendermi in parrocchia".
Il suo impegno in San Michele in Borgo è una sorta di "risarcimento", però.
"Da un anno mi è stata affidata questa chiesa che, nell’idea della Curia, è il luogo in cui la pastorale giovanile potesse trovare una casa, sia per le iniziative che per l’accompagnamento vocazionale. Qui si svolge l’anno propedeutico, un anno speciale per chi si sente chiamato dal Signore a entrare in seminario".
Al Sicomoro, giusto?
"Sì. È un appartamento accanto alla chiesa dove nel fine settimana vivono i ragazzi che si formano per decidere se entrare in seminario. Il nome è tratto dal vangelo di Luca, dove Zaccheo monta sull’albero di sicomoro, uno strumento per vedere bene Cristo per la tua strada".
Secondo lei perché c’è una crisi di vocazioni?
"Perché il mondo non permette di sognare e talvolta ci sono adulti che non si accorgono di questi sogni. Credo che ci siano tanti ragazzi che hanno una inquietudine dentro su cosa vorrebbero fare della loro vita e che hanno un sogno non usuale, ma anche paura di andare controcorrente".
Eleonora Mancini