Fase 2, "Pisa svuotata e impoverita. Ora è il tempo di una programmazione seria"

L'analisi di Marta Ciafaloni, vicepresidente dell'Ordine degli Architetti, Paesaggisti, Conservatori e Pianificatori della provincia di Pisa

Marta Ciafaloni

Marta Ciafaloni

Pisa, 29 maggio 2020 - Una vera idea di città, odierna e futura, che si manifesta attraverso una programmazione oculata delle connessioni tra infrastrutture, servizi, natura e residenza, è secondo Marta Ciafaloni, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti ed ex funzionario della Soprintendenza, la sola arma nelle mani dell’amministrazione pisana per risollevare la città che arranca in cerca di sé da troppo tempo.

“La pandemia, i cui effetti sono stati paragonati a quelli di una guerra, ha messo in luce tutte le carenze derivanti da decenni di politica priva di lungimiranza e di pianificazione a servizio della qualità della vita. Se le Amministrazioni avessero lavorato nel tempo ad una programmazione chiara e anticipando la progettazione d’insieme e di porzioni di città, durante questi mesi di isolamento e calma avremmo potuto riflettere sulle priorità e ripartire con prospettive di reale ripresa. Agire in emergenza, come è pure capitato nel secondo dopoguerra, non porta a risultati duraturi né stabili, porta all’impiego distorto di preziose risorse e, soprattutto, impoverisce.

Perché mancano investitori privati?

“Perché il sistema pubblico non è in grado di offrire tempi certi e soprattutto obiettivi chiari”. 

Cosa ha impoverito Pisa?

“La mancanza di attenzione a cosa stava succedendo. La città si è svuotata nel tempo con un conseguente impoverimento del patrimonio immobiliare, usato più come rendita individuale che come parte di un sistema che le amministrazioni avrebbero dovuto valorizzare per renderlo accogliente e creare affezione”.

Cioè?

“Se pensiamo alla città di Pisa e ai nuclei edificati che vi gravitano intorno, osserviamo carenza di servizi e infrastrutture, fondamentali per singoli e famiglie e che aumentano il valore di contesto di un immobile. La lievitazione abnorme dei prezzi delle abitazioni negli anni in cui l’edilizia è stata erroneamente ritenuta il motore essenziale dell’economia ha prodotto l’allontanamento degli abitanti dal centro storico e la migrazione verso comuni limitrofi e periferia. Il nucleo storico ha così subìto il destino comune a molti centri storici italiani, in cui l’attività didattica universitaria attrae studenti, e in cui vivono molti extracomunitari che si adattano più facilmente a edifici scarsamente manutenuti. Inoltre, l’identità storica pisana, la bellezza e la fama dei suoi monumenti, attirano un turismo variegato che ha prodotto la proliferazione di B&B, ma che, proprio a causa delle carenze infrastrutturali non si affeziona alla città promettendo di tornare.Un centro che fatica molto a curare la propria identità, insomma”.

Ma Pisa paga il fatto di essere una città universitaria.

“E’ un alibi che ha stancato. L’università è ricchezza, occasione di sinergie con il mondo della produzione e del lavoro. Anche Siena è una città universitaria ma tiene molto al proprio centro storico, con una forte affezione dei propri abitanti. Perché non ha perso l’identità? Perché l’università viene vissuta dagli stessi residenti come occasione di scambio e di cultura, ma senza cedere al commercio e alla gestione immobiliare di bassa qualità. Sono errori che non si possono più ripetere”.