Pisa, 24 settembre 2023 – La società beneficiaria della grande "lavatrice" messa in piedi per evadere le tasse è pisana e insiste proprio nel nostro capoluogo. Si tratta di una realtà che opera nel settore della produzione e commercializzazione di metalli preziosi e che per quattro anni – secondo l’accusa dal 2019 ad oggi – avrebbe acquistato sistematicamente palladio e platino in nero evadendo 10milioni di euro di Iva.
E’ questo l’esito di una maxi operazione condotta dalla Guardia di finanza di Arezzo le cui ramificazioni sono giunte fin sotto la Torre. Le fiamme gialle hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque persone (nessuno di questi è pisano) che adesso si trovano ai domiciliari. La finanza, inoltre, ha anche eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni, per un valore di circa 10 milioni di euro, ovvero proprio la quota di profitto che – stando agli inquirenti – sarebbe stato ottenuto dal reato contestato. Le perquisizioni sono state eseguite a Pisa ma anche in altre città d’Italia, nello specifico: Arezzo, Roma, Parma, Alessandria, Terni, Nuoro, L’Aquila e Lucca. Ma perquisizioni e sequestri sono stati fatti anche in Svizzera.
Il meccanismo fraudolento, ricostruito in base alle indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria di Arezzo, si sarebbe sviluppato – spiega la Gdf in una nota –, attraverso "numerosissimi scambi commerciali intercorsi fra diverse società, con sede in Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e Lazio, che, emettendo fatture false per quasi 60 milioni di euro, hanno acquistato ‘in nero’ ingenti quantità di palladio e platino di dubbia provenienza, evadendo l’Iva per quasi 10 milioni di euro e autoriciclando il provento illecito così ottenuto nell’acquisto di oro puro".
Lo schema di frode ricostruito dalle fiamme gialle coinvolge 13 persone e 8 società e "aveva quale perno e principale beneficiaria una società pisana". Come? La questione è piuttosto complessa. La società pisana avrebbe usufruito di due società "cartiere", totalmente prive di struttura e di fatto gestite dai vertici dell’organizzazione, intestate a prestanome e create al solo fine di “convogliare” l’ingente debito tributario, generato dalle predette transazioni, senza versare mai l’IVA. Alle due "cartiere" si affiancavano altre due società "filtro", effettivamente operative, ma anch’esse di fatto gestite dai promotori dell’organizzazione, mantenute in condizioni di neutralità fiscale e destinate a creare uno schermo tra la società beneficiaria finale e le “cartiere” nel primo segmento di operazioni commerciali, in relazione all’acquisto "in nero" del palladio e del platino, e anche nelle fasi successive, con l’acquisto di oro puro presso vari banchi metalli.
L’oro in questione veniva quindi immediatamente scaricato cartolarmente con false cessioni alle cartiere, facendone così perdere le tracce, mentre, in realtà veniva in gran parte restituito in nero alla società finanziatrice, che lo utilizzava per pagare il palladio e il platino acquistati originariamente in "nero". Per un valore residuo, l’oro veniva infine monetizzato tra la società beneficiaria e le società filtro, effettivamente operative. In tal modo, quindi, anche le società filtro ottenevano un profitto illecito, per la propria partecipazione alle operazioni inesistenti.