"Era già incosciente, dovevano soccorrerlo"

Condanna degli ex commilitoni di Tiziano Celoni. La giudice: "Hanno omesso di avvisare le autorità militari e quelle sanitarie"

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di Antonia Casini

Uno dei testimoni lo aveva scambiato "per una grossa busta di immondizia di colore nero" portata in spalla al rientro in caserma. Tiziano Celoni, il 27enne parà originario di Viterbo in fermo permanente a Pisa alla Gamerra, morto sulla sua branda nel 2017, quando fu portato dentro la sua stanza la mattina del 10 novembre era "una persona del tutto incosciente", riassume la giudice Mirani nelle motivazioni alla sua sentenza di condanna per due ex commilitoni. Il decesso avvenne per arresto cardiocircolatorio dovuto ad assunzione di alcol e droga. "Ritiene il Tribunale che il comportamento degli odierni imputati configuri pienamente il reato a loro contestato (l’articolo 593 del codice penale) avendo gli stessi omesso di dare avviso all’autorità, avendone l’obbligo, circa le condizioni di salute del Celoni..." incapace "di provvedere a se stesso, quanto meno a seguito di un forte abuso di sostenze alcoliche a loro noto perché riferito dal Tirrito e constatato di persona".

Il giovane fu poi trovato da Fracassi agonizzante sulla sua branda a fine mattinata di quel 10 novembre. Inutili i soccorsi chiamati a quel punto. Sotto accusa tre suoi ex commilitoni perché, secondo la Procura (pm Sisto Restuccia), non lo aiutarono quando stava male. Augusto Simeoni e Alessio Fracassi di Livorno (tutelati dalle legali Isabella Martini e Francesca Anedda), erano accusati di omissione di soccorso: condannati in abbreviato a 8 mesi (pena sospesa). 20mila euro la provvisionale stabilita per ciascuna parte civile. Il terzo, il più anziano e alto in grado, che avrebbe dovuto vigliare e procedere di conseguenza, Fabio Tirrito (difeso dagli avvocati Francesca Baregi e Gabriella Cirillo), è a processo per omicidio colposo. "Giustizia è stata fatta", avevano commentato i parenti del 27enne. La madre della vittima è seguita dal penalista Max Giordano Marescalchi e il padre da Muriel Petrucci.

Il 27enne aveva passato la notte fuori con Tirrito che intorno alle 7 chiamò Fracassi e Simeoni che lo aiutarono a portarlo dentro la Gamerra lasciandolo sulla branda. Non è dato sapere se assunse prima o dopo del rientro l’eroina, su questo anche i consulenti non sono concordi. Ma i due, per la giudice, avrebbero comunque dovuto avvisare i superiori e il 118 prima. "Faremo appello – hanno annunciato subito dopo il verdetto i difensori – I nostri assistiti hanno cercato semmai di aiutarlo e per quanto ne sapessero loro aveva solo bevuto".